L’epidemia che non esiste. Le strategie dei leader negazionisti del coronavirus
Dagli inviti a chiudere tutto, alle manifestazioni contro le misure di contenimento del coronavirus, al rifiuto di indossare le mascherine. Alcuni leader politici diffondono false notizie, negano l’epidemia e trasformano la battaglia sanitaria in battaglia politica, giocando sulla salute dei cittadini.
Di Eleonora Forti, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile
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Dal chiudere tutto al riaprire tutto. La mascherina non serve a niente, anzi sì. Le misure restrittive per contrastare il virus sono utili e necessarie, anzi no: sono un attentato alla libertà. L’epidemia non esiste e lo stato di emergenza viene prolungato a vantaggio del governo.
Dall’inizio dell’epidemia, a febbraio, i leader politici di molti paesi si sono sperticati in dichiarazioni allarmiste, poi tranquillizzanti, spesso contraddittorie e altre volte palesemente false. In Italia, il prolungarsi delle misure di contenimento del coronavirus, e il calo degli infettati e dei morti, ha fatto perdere alla classe politica quel poco di unità che aveva trovato nei momenti più drammatici, e ha frammentato le opinioni che sono tornate a scontrarsi. Inoltre, ha fatto emergere una corrente di negazionisti dell’epidemia, che si è data appuntamento il 27 luglio a un incontro al quale hanno partecipato, tra gli altri, Salvini, Sgarbi e Bocelli.
Matteo Salvini si presenta all’incontro senza mascherina, disobbedendo alle regole di sicurezza nei luoghi chiusi, mentre Alberto Zangrillo, direttore dell’unità di terapia intensiva del San Raffaele di Milano, afferma che il virus è clinicamente inesistente. D’altra parte, il costituzionalista Michele Ainis sottolinea: “Non possiamo negare che ci sia una pandemia mondiale con oltre 16 milioni di persone contagiate. Ma dobbiamo anche ammettere che sono state violate alcune libertà costituzionali.”
Ma allora qual è il punto? Esiste o non esiste il virus? È in atto una pandemia oppure no? O ci si sta semplicemente lamentando delle misure di sicurezza attuate dal governo? Siamo da tempo abituati ai repentini cambi di rotta nelle dichiarazioni dei politici del nostro paese, ma la velocità a cui si sono susseguite le prese di posizione contraddittorie riguardo il coronavirus sono impressionanti: un articolo di Repubblica riassume i mutamenti d’opinione del leader della lega Matteo Salvini: se il 21 febbraio voleva “chiudere l’Italia”, il 27 dello stesso mese spinge per tornare alla normalità, criticando la maggioranza; il 10 marzo invece si allinea con la posizione del governo, chiedendo di “fermare tutto”, mentre il 26 marzo fa ammenda per aver chiesto una nuova riapertura, salvo chiedere, il 4 aprile, di celebrare la Pasqua in chiesa e il 16 aprile, di riaprire la Lombardia.
Il suo non è l’unico atteggiamento ad essere ambivalente nei confronti del coronavirus e delle misure da adottare per prevenire o frenare la sua diffusione. Il presidente inglese Boris Johnson, per esempio, aveva scioccato l’opinione pubblica con la sua strategia volta a realizzare un’immunità di gregge, che non presupponeva particolari misure preventive che potessero riflettersi negativamente sull’economia inglese. Tuttavia, a metà marzo uno studio ha convinto il leader conservatore a implementare le misure di sicurezza sanitaria, senza però imporre lockdown o chiusura delle attività. Verso la fine di marzo lo stesso Johnson ha contratto il coronavirus, provando sulla propria pelle le conseguenze delle sue decisioni e confermandogli la necessità delle misure di contenimento del virus.
Una sorte simile, ma meno “istruttiva”, è toccata al premier brasiliano Jair Bolsonaro. Fin dall’inizio dell’epidemia, ha colpito il suo atteggiamento volto a minimizzare e negare la diffusione allarmante del coronavirus, il suo totale disprezzo per le più basilari norme igienico-sanitarie suggerite dall’OMS e la sistematica diffusione di notizie e dati falsi o distorti. Per mesi il presidente brasiliano ha partecipato a comizi, bagni di folla, ha stretto mani ed abbracciato i suoi sostenitori, il tutto rigorosamente senza mascherina. Quando poi è risultato positivo al covid-19 (anche se sulla veridicità delle sue affermazioni sono state sollevate delle perplessità, la sua linea politica è rimasta pressoché invariata, nonostante l’incremento del numero dei morti e gli allarmanti appelli dei governatori di molteplici stati.
Diffondere fake news e mentire sul coronavirus per sostenere i propri interessi politici è una strategia molto utilizzata anche dal presidente americano Donald Trump. David Lurie, un procuratore di New York, ha scritto che “Trump mente per abitudine. Ma in tempo di pandemia, le sue menzogne possono uccidere”. Come quando ha suggerito che per guarire dal coronavirus bisognasse iniettarsi disinfettante nelle vene. Oppure quando, il 25 febbraio, ha dichiarato che gli Stati Uniti erano “molto vicini ad avere un vaccino”, mentre gli esperti parlavano di una ricerca necessaria di almeno 18 mesi. O quando ad inizio marzo ha dichiarato che chiunque volesse farsi un tampone poteva farlo (spoiler: non era vero). Inoltre, non dobbiamo dimenticare che il presidente statunitense ha sistematicamente sottostimato il numero dei contagi e dei morti, contraddicendo i numeri pervenutigli dal suo stesso staff tecnico. Quando viene contestato o gli vengono mostrati dati che lo contraddicono, Trump balbetta, cambia discorso, attacca i giornalisti o ribatte che: “Non possono farlo” (come in questo video).
A questo punto un giornalista dell’Atlantic si chiede se il presidente stia davvero mentendo o se semplicemente sia incapace di afferrare le dinamiche base della salute pubblica. Vale per Trump, ma anche per Salvini, Johnson, Bolsonaro e tutti gli altri leader politici o personaggi influenti che si affannano a negare l’esistenza del virus o a sminuirne la pericolosità. In realtà, la questione è semplicemente passata dal profilo sanitario a quello politico: mettere o non mettere la mascherina non è più un modo per salvaguardare la propria e l’altrui salute, ma la manifestazione del proprio sostegno a una determinata corrente politica. E sono proprio questi leader ad aver fomentato la divisione in squadre, e ad aver favorito la contrapposizione ancora più netta tra i loro sostenitori e i loro oppositori. I capi politici negazionisti aiutano la loro base a “non vedere” gli effetti del coronavirus, promettendo al contrario misure che vadano incontro agli interessi dei loro elettori, dalla riapertura degli esercizi commerciali, al desiderio di andare in vacanza e incontrarsi nei bar e nelle discoteche alla “libertà” di non mettere una mascherina.
Le conseguenze di queste campagne di negazionismo e fake news si vedono negli assembramenti al mare, nel rifiuto di indossare i dispositivi di protezione o di mantenere il distanziamento, e si concretizzano nella risalita dei contagi e nello spettro di una seconda ondata di infezioni in autunno. In Italia tutto ciò ha già portato alla recente chiusura delle discoteche e alla reintroduzione dell’obbligo di mascherina all’aperto in orari specifici. Anche in altri Paesi l’esempio dei leader negazionisti è stato seguito da ampie fette della popolazione civile. Un esempio eclatante è la manifestazione dei negazionisti tedeschi del primo agosto. Circa 15.000 persone, tra cui gruppi neonazisti e no-vax, hanno sfilato nel centro di Berlino, senza mascherine né distanziamento, per protestare contro le misure di contenimento del virus all’insegna della “Giornata della libertà”.
La linea politica che nega il coronavirus, quindi, ha pesanti ricadute sul comportamento quotidiano di decine di migliaia di persone, che, ignorando le disposizioni sanitarie, mettono in pericolo la salute propria e altrui. Perché le informazioni false non provengono da un sito complottista qualsiasi, ma da personaggi pubblici influenti, spesso dai presidenti degli Stati, che ignorano le precauzioni sanitarie per mantenere il consenso tra i propri elettori, i quali percepiscono le misure anti-covid come un insensato attacco ai loro interessi economici e alla loro “libertà”.Ma come ha saggiamente ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso alla Cerimonia del Ventaglio: “Libertà non è far ammalare gli altri”.