Partire per un’altra avventura

Come sono arrivato in Camerun a fare servizio civile? Dopo due Erasmus ai tropici, tantissimi viaggi ed esperienze, sentivo che la vita mi riservava un’altra sfida. Invece che andare avanti in maniera lineare, ho deciso una volta laureato di andare in Africa e cominciare una nuova avventura.

di Eugenio Sicher

Guardo fuori dal finestrino dell’aereo. Siamo atterrati. Subito mi viene un solo impulso:

Ma dove cavolo sono?!

Come sono arrivato in Camerun è una storia piena di incastri, colpi di scena, desideri, cambi di rotta. Una storia non lineare, che guardandola dal davanti sembra l’unica possibile e perfetta. Ma iniziamo in ordine.

Primi anni all’università e primo Erasmus

Finite le superiori volevo solo andarmene di casa e studiare qualcosa di nuovo. Così lasciai Trento e iniziai a studiare economia e management a Bolzano. Non molto distante, ma quello che bastava per avere la mia indipendenza e esplorare un nuovo ambiente. Iniziai con entusiasmo questa nuova avventura, e alla fine del primo semestre già facevo domanda per fare un semestre all’estero. Dove? Lo decise una moneta. La tirai nella stanza di Chiara, la mia coinquilina, e quando uscii testa sentii che il mio cuore voleva andare lì. Così partii per Kuala Lumpur, la capitale della Malesia. L’Europa era troppa a portata di mano. Perché non andare in un posto dove probabilmente mai andrò nella mia vita? Ancor meglio se ai tropici, selvaggio ed economico. Passai un semestre da vacanza. All’ora di laurearmi decisi di continuare gli studi. La vita da studente mi piaceva troppo: un ambiente dinamico, giovane, a imparare, orari flessibili, tanta vita e festa. Non c’era di meglio per me in quella fase. 

Poi la mia meta del cuore

A seguito di un parentesi a Innsbruck, in Austria, iniziai la magistrale in management a Milano. Dopo aver vissuto in piccole città, mi trovai in una vera metropoli. E ci misi niente a tuffarmi in tutto quello che aveva da offrire. Iniziai ad organizzare serate di open mic, poi a lavorare in una galleria d’arte. Nuovamente, finito il primo semestre, feci domanda per fare il mio secondo semestre di scambio. Mi presero per la mia meta del cuore, dove è nato il mio genere musicale preferito: Puerto Rico. Là feci l’esperienza di vita più forte in assoluto. Scoprii l’umano, scoprii Dio. Rientrato in Italia scrissi la mia tesi sull’orientamento nelle scuole superiori per i ragazzi degli ultimi anni.

E verso l’Africa

In quei mesi mi ero iscritto a moltissimi canali di informazione per opportunità per giovani, soprattutto di mobilità all’estero. Così incappai nel bando del servizio civile universale. Non gli diedi troppa attenzione. Finché, un paio di settimane prima della scadenza del bando, diedi un’occhiata alle mete e ai progetti. Ce n’erano in tutto il mondo. Così mi misi a cercare, a curiosare, a fantasticare. L’Italia e l’Europa erano automaticamente escluse, troppo facili. In Asia c’ero stato. In America pure. Africa, tocca a te. Ma dove? Cercavo un posto proprio strano. Nell’Africa nera. Trovai un progetto in una città nel nord del Camerun chiamata Garoua. Attesi. Due giorni prima riguardai le opzioni rimaste. Guardai a Garoua. Sentii che il mio sesto senso chiamava per quella città. Mi candidai, pur non essendo sicuro che sarei partito. Nei mesi il desiderio di partire fiorì, a tal punto che a un certo punto non vedevo alternativa migliore per la mia vita.

Proprio quello che cercavo

Non volevo iniziare subito a fare il serioso: lavoro, in Italia, orari… nah. Troppo banale, non faceva per me. Ma invece partire per un posto sconosciuto e dare il mio contributo in un progetto per i giovani? Suonava proprio il top. Così mi trovai su un aereo, a partire, ancora. Nonostante avessi già visto un po’ di mondo, non mi bastava. Il mondo aveva ancora tanto da darmi. Era troppo presto per fermarmi. Sentivo che ero ancora nel pieno della ricerca. Ero inquieto, altre bellezze e verità mi aspettavano. Dovevo andarmele a prendere. Andare il quel posto mi sembrava l’avventura più pazza e difficile. Proprio quello che cercavo! 

Il bello del Servizio Civile

Tra il resto, non avevo tanti altri anni in più per approfittare di questa opportunità. Il Servizio Civile Universale (SCU) si rivolge a giovani tra i 18 e 28 anni. Io ne avevo 25. Ora o mai più. Ma come funziona esattamente? Tu ti candidi per un progetto realizzato da un’organizzazione senza scopo di lucro. Gli ambiti? Salute, ambiente, sociale, inclusione, giovani… c’è di tutto! E dappertutto. Nonostante la maggior parte dei progetti siano in Italia, ce ne sono tanti all’estero. Così puoi fare un’esperienza diversa, di servizio e di vita. Il bello dello SCU? È un’esperienza trasversale: culturale, lavorativa, formativa, di vita. Lavori in una realtà nuova, all’estero se lo scegli, lavori 5 ore al giorno 5 giorni (flessibilità!) e vieni pagato (quest’anno 500€ al mese più indennità se sei all’estero). Cosa c’è di meglio? E in tutto ciò, sei volontario per un progetto in una realtà sociale, con il fine di creare un impatto positivo nel mondo. 

Io ho abbracciato questa chiamata che mi veniva rivolta. Come sto ora? A quattro mesi dal mio arrivo qui sono davvero felice. Sono immerso in una cultura diversa e ricca, lavoro con e per i giovani, mi dedico a cose che mi riempiono. E mi spingono a cercare ancora di più.