Le Scuole Changemaker italiane: I.I.S.S. Ettore Majorana – Brindisi

L’Agenzia di Stampa Giovanile, in collaborazione con Tempora Onlus e Ashoka Italia vi presenta “Le Scuole Changemaker italiane”, un viaggio nelle scuole più innovative d’Italia che vi presenterà i 5 istituti che entrano ufficialmente a far parte della rete globale delle Changemaker Schools. Le 5 scuole sono state presentate al pubblico il 16 settembre, a BASE Milano, in occasione dell’evento “Riparte la Scuola, riparte l’Italia”, organizzato da Ashoka Italia con il sostegno della Fondazione San Zeno e della Fondazione Cariplo. 
Vi presentiamo il primo dei 5 istituti che entrano a far parte della rete globale delle Scuole Changemaker, l’ I.I.S.S. Ettore Majorana di Brindisi, che per chi si interessa di innovazione didattica non è certo un nome nuovo. Abbiamo intervistato per voi il dirigente scolastico Salvatore Giuliano, che da anni si adopera per rivoluzionare i metodi d’insegnamento e l’ambiente del suo istituto.
Lo spazio insegna? Ebbene sì, sorge spontaneo chiederselo quando si entra per la prima volta nelle aule dell’istituto tecnico Majorana di Brindisi e l’effetto che si sortisce è davvero straniante.Dimenticate la classica aula con i banchi disposti a reticolo e capeggiati dalla cattedra. Qui le cattedre sono sparite. Le pareti sono coloratissime e su di esse, al posto della vecchia cara lavagna d’ardesia, campeggia la L.I.M. (lavagna interattiva multimediale) collegata ad un registro elettronico. I banchi, pesanti e monolitici, sono ripensati per consentire agli studenti di muoversi e aggregarsi in gruppi di lavoro. L’intero ambiente classe è suddiviso in funzione di una didattica di tipo collaborativo e cooperativo: fa quindi la sua comparsa “l’agorà”,  uno spazio circolare dove gli studenti possono presentare i loro lavori, un angolo per il montaggio di video e un’area relax, con divanetti per poter continuare a discutere anche in maniera informale e perché si sa, i momenti di svago ogni tanto sono necessari dopo che si lavora sodo.   Allora lo spazio insegna, lo spazio può offrire contributi importanti alle innovazioni didattiche, lo spazio può stimolare l’apprendimento. 
L’I.I.S.S. Ettore Majorana, presente da più di quarant’anni sul territorio brindisino, contribuisce da sempre alla preparazione di figure professionali determinanti per lo sviluppo sociale ed industriale. All’apparenza, da fuori, si presenta con le caratteristiche di una scuola comune, ma all’interno i tratti distintivi dell’ambiente scolastico sono rappresentati da una grande cura nell’allestimento degli spazi, cura che si fa anche bellezza laddove s’immagina che debba nascere l’ispirazione negli studenti e il piacere di trovarsi in un ambiente famigliare. Per cui non è un caso che nelle aule le pareti siano verdi, azzurre o addirittura decorate con murales, perché la volontà è quella di parlare con il linguaggio dei giovani.

Autoeditoria con BookinProgressQuesta stessa volontà ha spinto Salvatore Giuliano, preside dell’istituto, a sviluppare il progetto “Book in Progress”, che consiste nella produzione di materiali didattici sostitutivi dei libri di testo e scritti da chi la scuola la fa tutti i giorni, i docenti che hanno riadattato i contenuti ai ritmi di apprendimento dei ragazzi. Per realizzarlo, non ha chiesto il permesso a nessuno, ha semplicemente spinto l’acceleratore su un’idea che gli era nata mentre era ancora professore. Tutto nasce nel 2009, infatti, quando Salvatore, di ritorno da un corso di aggiornamento sulla didattica, organizzato con l’utilizzo dei tablet, comincia ad apprezzare la tecnologia applicata all’insegnamento e a comprendere come essa possa davvero migliorare l’apprendimento. Da lì la proposta ai suoi colleghi: i libri di testo scriviamoli (e stampiamoli) noi per i nostri ragazzi. Il progetto nasce quindi con l’intenzione di mettere in primo piano quelli che sono i protagonisti della scuola, ovvero insegnanti e studenti e dare la possibilità alle famiglie di risparmiare i 400/500 euro che solitamente si spendono per una dotazione libraria dei primi anni scolastici. I libri “finiti” sono messi a disposizione sia in versione cartacea, ad un costo non superiore a 5-6 euro l’uno ( equivalente alle spese tipografiche necessarie per la stampa), sia in versione digitale. Con i soldi risparmiati nei testi, i genitori hanno potuto acquistare il tablet su cui i loro i figli caricano i libri e con cui studiano a scuola e a casa. “Book in Progress” è un progetto che negli anni si è allargato e ha coinvolto una rete di più di cento scuole che vi hanno aderito perché i vantaggi sono più d’uno: dare una scossa al problema del caro-libri, snellire i contenuti dei testi riscrivendoli affinché siano più intuitivi per lo studente che li legge e introdurre i tablet come strumento per migliorare l’apprendimento. 
La tecnologia come ausilio alla didatticaSu quest’ultimo aspetto, in particolare, ci siamo concentrati nel corso della nostra intervista a Salvatore Giuliano, perché proprio tra tablet, portatili, monitor multi-touch  e videoproiettori è chiaro che qui la tecnologia fa da padrona. Come ci ha spiegato lui, però, essa non è un punto d’arrivo ma uno strumento per realizzare una didattica completamente diversa da quella che è stata fino adesso applicata. E qui arriviamo alla svolta: nell’impianto tradizionale il susseguirsi delle lezioni non sono altro che una serie di spiegazioni al termine delle quali vengono assegnati i compiti a casa. La scuola quindi finisce il suo dovere appena si chiude l’insegnamento senza preoccuparsi abbastanza dell’apprendimento. 
La chiave del successo sta nell’invertire il paradigma e quindi a casa i ragazzi imparano i concetti grazie ai libri scritti dai loro insegnanti, a scuola li esercitano grazie anche alla dotazione tecnologica. È ribaltato quindi un concetto che ha accompagnato la scuola per tanti anni. Nella pratica didattica collaborativa, sicuramente il tablet è un mezzo insostituibile perché attiva proprio strumenti di collaborazione. Grazie ad applicativi molto semplici da utilizzare anche per chi è cresciuto a carta e penna, insegnanti e studenti possono lavorare contemporaneamente su problemi, esercizi o ricerche. La tecnologia accorcia anche i tempi di recupero per gli studenti assenti che anche da casa possono seguire le lezioni grazie ai video realizzati in classe. 
Le novità non si fermano qui. Il programma didattico è infatti arricchito da un piano di alternanza scuola-lavoro, con un’esperienza più che ventennale, da prima che diventasse obbligatoria in tutte le scuole. L’istituto vanta collaborazioni di eccellenza con note aziende del territorio nel polo chimico ed energetico, con enti di ricerca ed università. La sensazione, insomma, è quella di stare su un treno che si muove ad alta velocità in mezzo a convogli a vapore e per questo ci siamo domandati se questo modello di scuola sia sostenibile su scala nazionale con le risorse attualmente stanziate. La risposta di Salvatore è positiva perché, come ci spiega, la tecnologia viene acquistata con quello che si risparmia sui libri. Il problema di fondo non è tanto la sostenibilità finanziaria o organizzativa, ma il cambio di mentalità. Occorre cambiare la scuola perché tutto è cambiato ed è in continuo cambiamento al di fuori di essa. Una volta abbandonati i timori che ci tengono ancorati ai vecchi modelli di didattica trasmissiva, l’errore sarebbe solo uno: introdurre i tablet senza fare in modo che quest’azione si inserisca in un progetto ben pensato, perché se è vero che i ragazzi sono “avanti” sulla tecnologia, sfruttare quest’ultima per incentivare l’apprendimento è tutto un altro paio di maniche. È qui che entra in gioco il ruolo del docente, non più erogatore di conoscenze, ma mediatore nel mare d’informazioni che si dispiegano allo studente attraverso internet e la tecnologia. Scongiurati i rischi legati ad un uso inappropriato degli strumenti tecnologici, non resta che il vantaggio di rendere le lezioni ancora più interessanti grazie a questo nuovo modo di fruirle, sicuramente più al passo con i tempi.
Infine abbiamo rivolto lo sguardo al futuro e abbiamo chiesto a questo preside così lungimirante, se avesse nuovi progetti in cantiere. Salvatore auspica di chiudere il cerchio con la realizzazione di un campus che potrebbe ospitare ancora più studenti fuori sede di quelli che già ha, sul modello universitario, con un allargamento degli spazi, un auditorium e campi sportivi. Un sogno destinato certamente a non restare nel cassetto per lui che una ne fa e cento ne pensa. Dal canto suo, ci dice anche che non nutre dubbi sul fatto che tutti questi esempi di successo possano innescare un cambiamento nelle scuole e rendere le piccole eccellenze sistema. Salutiamo Salvatore e il suo istituto, con la sensazione di allontanarci non da una scuola, ma da una regia, dove insegnanti e studenti operosi lavorano in sincronia con la comune mission di diventare un polo d’innovazione e formazione, di creare occasioni di crescita personale e professionale per tutti gli attori coinvolti.   
Convinti anche noi che il programma Scuole Changemaker possa costituire davvero un trampolino per realizzare una buona, anzi ottima scuola, v’invitiamo a scommetterci!