La cosa più pericolosa al mondo è non conoscere

L’importanza della conoscenza e l’appello alla Costituzione animano la riflessione di Andrea, studente di un liceo di Roma, al termine di un convegno presentato dai coetanei della scuola ebraica. “Vite ebraiche, momenti nel quotidiano” è l’evento promosso dal Liceo statale classico e scientifico Democrito di Casalpalocco per far conoscere le tradizioni delle comunità ebraiche al di là del ricordo della Shoah”.
“Sono sicuro che molti di voi, una volta usciti da questo teatro, andranno a casa, accenderanno il cellulare e dimenticheranno, perché ci sono cose più importanti di un convegno: il pranzo, la famiglia, la propria squadra di calcio. In poco tempo, quanto detto stamattina svanirà. Non è ipocrisia o mancanza di rispetto. Siamo uomini e la nostra mente funziona così, se non sappiamo spiegarci alcuni eventi, anziché ricercare un senso, li accantoniamo.
Nelle vostre menti, come nella mia, ancora calde e cariche di informazioni, aleggia una domanda, “perché”, “qual è lo scopo di tutto ciò?”, non può essere puro e semplice scambio di informazioni, non era una lezione di storia, deve esserci un motivo più profondo. Qual è lo scopo di questo convegno? Sapere, conoscere. Se c’è della luce in questa vita oscura, ebbene, essa è la conoscenza, la cultura.
La cultura ebraica è quanto a noi più vicino e più lontano allo stesso tempo. Qualcosa che non possiamo permetterci di omettere dalle nostre conoscenze. Qualcosa che non dobbiamo permetterci di dimenticare. Specialmente in questo periodo storico. Specialmente oggi. Mentre sto parlando, dall’altra parte del mondo, qualcuno muore di fame, o di sete, ucciso da una mina, o da un soldato. Solo perché ha avuto la sfortuna di nascere nella parte del mondo sbagliata.
Il mondo è diviso in tre parti. Gli sfortunati che non possono permettersi di pensare ad altro che a sopravvivere, gli stupidi che hanno dimenticato il valore delle cose e noi, che siamo studenti e uomini di cultura. Siamo gli unici che possono e che vogliono dare un senso alla parola “conoscenza”. Essa non è solo riflessione su quanto avvenuto al popolo ebraico e all’intera umanità nel secolo scorso, della quale memoria ci impegniamo a conservare ogni anno; oggi per noi studenti del Democrito è stato aggiunto un tassello importante per la comprensione della particolarità dell’esperienza della vita ebraica: l’apprendimento delle loro tradizioni, delle loro radici e delle loro motivazioni teologiche.

Alla luce di tutto questo posso dire che la cosa più pericolosa al mondo è Non sapere. È non conoscere. Perché noi dovremmo avere, dalla fortuna e dal luogo in cui siamo nati, l’onore e l’onere di superare preconcetti, pregiudizi e stereotipi – che sono sempre stati e saranno, se la situazione rimarrà decadente, la vera rovina. Parliamo tanto di rispetto per gli altri, di uguaglianza, di integrazione, ma facciamo fatica a definire veramente queste parole. Forse sono solo maschere che poniamo davanti al volto per celare la nostra vera natura umana. Siamo esseri dediti alla violenza, all’egoismo, al pregiudizio. All’ipocrisia.

Siamo gli stessi che si dispiacciono oggi per le vittime in Siria, ma che non esitano un minuto domani a dire “se la sono cercata” a quelli che sull’ultimo battello sono morti nel Mediterraneo. I pregiudizi sono quanto di più lontano dall’intelligenza possa esserci. Ma purtroppo sono comodi, veloci, facili da usare. Alla mercé di tutti e tanto più la Non conoscenza si diffonde, tanto più ne sentiamo sulla bocca di molti. E il più delle volte sono mossi da motivi religiosi. Perché non basta far finta che nulla di ciò che ci insegna la storia sia mai avvenuto, ed è il caso dei negazionisti, dei complottisti, di coloro che ancora oggi leggono e credono ai ’Protocolli dei Savi di Sion’.

No, il tutto deve essere giustificato da qualcosa di più.

In fondo la mia coscienza si sente più pulita ad accusare qualcuno di eresia, rispetto ad accusare qualcuno di essere diverso. Lo scopo di questo convegno è stato conoscere, una delle culture più longeve della storia. Hanno tanto da insegnarci su cosa significhi veramente essere un popolo, e se per voi sono state solo parole al vento, fa niente. La mente è libera di vagare dove meglio crede. L’intelligenza crea solo i binari che la conducono verso la via della giustizia, ma la scelta finale sta a voi. Per quanto mi riguarda ho scelto di rispettare sempre e comunque ogni persona, uguale o diversa, di trattare ogni uomo come io vorrei lui trattasse me, e se la lezione Senecana non basta, almeno ascoltiamo la nostra costituzione: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, senza distinzione di razza, di lingua e di religione. Grazie.”