JOMO: no all’overdose di social media

Forte incremento nell’uso di internet e delle reti sociali durante i mesi di quarantena, ma ora basta. Se vuoi scoprire perché, continua a leggere. 

Di Margherita Mescolotto, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile 

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Videochiamate, adesivi Instagram #iorestoacasa, raccolte fondi e challenge su Tik Tok, lezioni fitness e ricette live ci hanno accompagnato nei mesi di lockdown e solitudine. Senza dubbio la tecnologia esce vittoriosa dalla pandemia. 

L’indagine periodica Digital 2020 Hootsuite/We Are Social sul mese di aprile 2020 ha registrato infatti un significativo incremento dell’attività digitale durante i mesi di coronavirus. In Italia, il 45% degli utenti afferma di aver aumentato la permanenza sui social network, al primo posto le Filippine con il 64%. Il cambiamento riguarda principalmente i giovani e la piattaforma più affollata rimane sempre Facebook, seguono Youtube e Whatsapp. Con l’8,7% di aumento nel mese di aprile, ora quasi la metà degli abitanti del pianeta – 3,81 miliardi di persone – popola le reti sociali. 

Sapresti indovinare una media del tempo trascorso da una persona sui social nel corso della sua vita? 5 mesi? 600 giorni? No, 6 anni e 8 mesi. Non male, se consideriamo che alla socializzazione dedichiamo solamente 1 anno e 11 mesi. Sembra quindi che sempre più tutti noi siamo disposti a sacrificare la nostra esistenza alla dimensione online. 

Ma come mai trascorriamo sempre più ore collegati?

 Sembra che i social network agiscano come delle droghe. I neuroscienziati descrivono l’interazione nei media come un’iniezione di dopamina, quel neurotrasmettitore che ci fa sentire bene. Il continuo flusso di tweet, like e share, paragonabili al consumo di cocaina e al gioco d’azzardo, innescano dei meccanismi di ricompensa che rinforzano il nostro comportamento. Sono dei premi che il nostro cervello riceve in maniera immediata e con un minimo sforzo e che ci incentivano ad accedere sempre più spesso e più a lungo. È così che i social fanno meta: sono diventati la nostra abitudine. Maggiore è il tempo trascorso nelle piattaforme, maggiore è il guadagno delle aziende a capo delle app che mirano proprio alla creazione di una dipendenza. 

Stare troppo tempo sui social fa male? 

Se l’utilizzo ha dei benefici, l’abuso fa male. Il reale impatto psicologico non è indifferente, in particolare nell’adolescenza, fase cruciale per lo sviluppo cerebrale. Secondo l’Università di Pittsburgh negli USA, esiste una correlazione fra social, cattiva salute mentale e bassa autostima. L’uso eccessivo dei media causa infatti insoddisfazione e infelicità ed aumenta il rischio di patologie come depressione e ansia. Può persino sfociare in un vero e proprio disturbo psicofisiologico, conosciuto come “Internet addiction disorder”, il quale è “caratterizzato da dipendenza, perdita delle relazioni interpersonali, modificazioni dell’umore e alterazione del vissuto temporale”.

Quali sono le ragioni del malessere digitale?

Tali risposte emozionali negative sono dovute a una serie di meccanismi che i social innescano. Gli utenti vengono sottoposti a una forte pressione sociale, per la necessità costante di condividere le proprie esperienze, che non sono più interiorizzate. Si tende a rendere infatti pubblico tutto ciò che precedentemente sarebbe più opportuno elaborare in forma privata. 

Le piattaforme diventano inoltre una vetrina virtuale di continuo confronto fra sé e una versione modificata e filtrata degli altri. L’esposizione a una irreale perfezione incide sulla percezione della propria immagine e quindi sull’autostima. Chi non ha mai provato invidia, frustrazione e insoddisfazione scorrendo il feed di Instagram? 

Per non parlare del disagio causato dalla paura di perdersi eventi speciali ed emozionanti, dal timore di essere esclusi e dall’ansia di essere dimenticati. Si tratta della diffusissima “FOMO” (acronimo inglese per “Fear of missing out”), una sensazione molto spiacevole che obbliga a controllare compulsivamente i social per rimanere aggiornati. 

Cosa fare?

Inutile negare che le reti sociali sono una fra le invenzioni che più hanno rivoluzionato il mondo moderno. Perciò, che senso avrebbe privarsene? Trovare l’equilibrio fra online e offline è però la grande sfida. Identificare dei momenti in cui spegnere il cellulare e invece fare sport o ascoltare musica, coltivare le vere relazioni interpersonali, accettare la bellezza delle imperfezioni sono alcuni piccoli passi per riuscire a far fronte alla digitalizzazione della nostra società.

Ed ora più che mai, con una drammatica esperienza di lockdown alle spalle, riacquistiamo la nostra libertà e godiamoci la “JOMO” (“Joy of Missing Out), lo gioia di perdersi qualcosa. Apprezziamo la nostra vita reale, la nostra socialità, senza schermo, senza filtro.