Giovani agricoltori: tra sogno e realtà

È quotidiano ormai sentir parlare del giovane imprenditore, della capacità delle nuove generazioni di crearsi un lavoro, anche innovativo, un loro spazio insomma. Sicuramente questa è una possibilità, ma certo la strada non è tutta in discesa. Anzi, sembra esserci un grande scoglio iniziale.
Ma partiamo dall’inizio. Incuriosita dalle ultime notizie in fatto di agricoltura, dai numerosi articoli che parlano di nuove generazioni di agricoltori e di agricolture, ho provato a capire un po’ da dove venisse tutta questa spinta verso uno dei mestieri più antichi del mondo: il contadino. E come farlo se non parlando con uno dei diretti interessati?
In una simpatica chiacchierata informale Daniele Caracristi, che gestisce l’omonima azienda agricola, mi ha introdotta nel suo mondo fatto di vigne, mele, trattori, muletti, ma soprattutto tanta (ma tanta!) passione e dedizione. Daniele è un ragazzo di 22 anni, da qualche anno ha finito il suo percorso all’Istituto Agrario di S. Michele All’Adige, specializzato in Enologia, ed ha preso in mano il terreno di famiglia. Fra una domanda e l’altra, la prima difficoltà che emerge è il rapporto con la burocrazia: sicuramente riuscendo a gestire carte, scartoffie e richieste varie possono arrivare alcuni contributi per portare avanti l’azienda, ma soprattutto per le realtà non troppo grandi, passare intere giornate in giro per gli uffici toglie manodopera importante per il lavoro in campagna.
E, soprattutto in certi periodi dell’anno, il lavoro intenso e faticoso non lascia spazio ad altro. Ed ecco il punto più interessante e, secondo me affascinante, di tutto questo discorso: cosa spinge un ragazzo a scegliere un mestiere che richiede numerosi sacrifici e non garantisce grandi guadagni? Secondo Daniele “è una questione di scelte, priorità, predisposizioni. In un giovane agricoltore c’è la voglia di sperimentarsi, la capacità di accettare il rischio e imparare dagli errori fatti, la consapevolezza di fare un lavoro che non prevede una routine, né certezze sulla resa, né una sicurezza economica, ma che trova nella semplicità del contatto con la terra tutto il suo valore, la sua essenza”.
È vero quindi che negli ultimi anni i giovani impegnati nell’agricoltura sono in aumento? Secondo i dati riportati dall’Apia (Archivio Provinciale delle Imprese Agricole), negli ultimi 5 anni i giovani dai 18 ai 35 anni che risultano imprenditori nel mondo agricolo non sono in crescita, ma al contrario sembrano diminuire di anno in anno. Allo stesso tempo, il trend di iscrizioni all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, principale ente formatore in Trentino nel settore agricolo, negli ultimi 5 anni è stabile sopra ai 900 iscritti all’anno. È chiaro quindi che per diventare imprenditori agricoli non basta aver ricevuto un’adeguata formazione, ma serve qualcos’altro.
Secondo Daniele, al giorno d’oggi è praticamente impossibile riuscire ad aprire una propria Azienda Agricola partendo da zero: la terra in Trentino costa molto, le attrezzature per lavorarla anche, nonostante i finanziamenti a sostegno dei giovani agricoltori, stanziati negli ultimi anni anche dall’Unione Europea, per iniziare da zero sarebbe necessario un capitale iniziale molto sostanzioso.
In questo panorama non proprio positivo, un aiuto concreto all’incremento dell’agricoltura potrebbe venire da una rivalutazione del prodotto: nel grande mercato alimentare ci siamo ormai abituati a sottopagare il cibo che mangiamo, soprattutto quello di qualità. È una catena: se imparassimo a dare il giusto valore ai prodotti che compriamo, l’agricoltura anche giovanile riceverebbe un potente stimolo alla crescita.