Il tour zapatista in Europa, un incontro di ribellioni

Ciò che ci manca sono nuove forme di resistenza capaci di fermare la nuova guerra mondiale, poiché i vecchi modi di fare politica hanno mostrato i loro limiti, se non il loro fallimento.

Di Raul Zibechi
Traduzione di Antonio Lupo

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Centinaia di gruppi in tutta Europa stanno concordando di organizzare un tour dei membri dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, del Congresso Nazionale Indigeno – Consiglio Indigeno di Governo (CNI-CIG) e del Fronte dei Popoli in Difesa dell’Acqua e della Terra di Morelos, Puebla e Tlaxcala in Messico, nella seconda metà di quest’anno.

Sono migliaia i militanti e gli attivisti dei più diversi settori e identità che si stanno unendo a sostegno dell’iniziativa lanciata mesi fa dal neo-zapatismo messicano. Nel primo di sei comunicati, nell’ottobre 2020, sottolineano che, nonostante la repressione e i crimini del sistema, “è di nuovo tempo che i cuori danzino, e che la loro musica e i loro passi non siano quelli del lamento e della rassegnazione”.

Il passaggio dal ripiegamento alla rottura dell’assedio mediatico e militare-poliziesco che subiscono tutti i movimenti nel mondo è un momento decisivo per l’immediato futuro. Tutti i dati di cui disponiamo indicano che l’1% dei più ricchi del pianeta sta cercando di sfruttare la pandemia per imporre una sconfitta di proporzioni a chi sta sotto.


Come ha sottolineato il filosofo italiano Giorgio Agamben, l’epidemia offre il pretesto per imporre la sospensione delle garanzie costituzionali attraverso gli stati di eccezione, quando l’argomento terrorismo appare logoro e non è più credibile. Il distanziamento sociale completa le misure con le quali si intende soffocare ogni resistenza da parte di chi è colpito dal modello, di coloro che sono “di troppo” nella lingua zapatista.

Nella loro analisi su quella  che considerano la Quarta Guerra Mondiale del capitale contro i popoli, l’EZLN insiste nel “non confondere la resistenza con l’opposizione politica”, che si oppone solo a un governo, ma non al sistema (“7 Puzzle del rompicapo mondiale”, giugno 1997).

In questo lavoro, il compianto subcomandante Marcos sottolinea che il neoliberismo mira a “sbarazzarsi di tutti coloro che non hanno posto nella sua nuova divisione del mondo”. Non stiamo affrontando una guerra tra Stati, ma piuttosto la conquista di territori per spopolarli e distruggerli, per ricostruirli secondo le esigenze dell’accumulazione di capitale.

Nella sua analisi, conclude che “le guerre del XXI secolo saranno contro coloro che vogliono essere diversi” (“Quali sono le caratteristiche della quarta guerra mondiale?”, 20 novembre 1999). Comprende tutte le differenze: di colore della pelle, genere e opzione sessuale, nazione e nazionalità e di tutti coloro che vogliono semplicemente rimanere diversi o hanno bisogno di esserlo per non scomparire come popoli. Alcuni, semplicemente per vivere sopra riserve di acqua, petrolio o uranio, sono nemici del capitale che ha bisogno di mandarli via per continuare a convertire i beni naturali in merce.

Donne Zapatiste

Stiamo affrontando una guerra mondiale di espropriazione. Le zone in conflitto coincidono, in America Latina ma anche in Europa, con le zone dove ci sono molti beni comuni da estrarre, il che ci fornisce una mappa precisa di questa guerra in corso. Abbiamo un’analisi abbastanza adeguata di ciò che sta accadendo davanti ai nostri occhi. Ciò che ci manca sono nuove forme di resistenza capaci di fermare la nuova guerra mondiale, poiché i vecchi modi di fare politica hanno mostrato i loro limiti, se non il loro fallimento.

Dopo il governo Syriza in Grecia e i governi progressisti in America Latina, sembra imperativo cercare nuove strade per continuare a tenere alta la bandiera della trasformazione mondiale e gli obiettivi delle rivoluzioni sociali. Proseguire lungo il percorso istituzionale non sembra il più opportuno in quest’ora decisiva per l’umanità.

Il tour zapatista si inscrive in una differente direzione, cerca l’incontro tra chi dal basso sta a sinistra. Luogo di incontro per conoscerci, accettare i nostri diversi modi e forme di di camminare e cambiare il mondo. Per rafforzare e moltiplicare le resistenze in ogni luogo.

Non credono necessario formare apparati gerarchici con leader permanenti e grandi strutture, che finiscono per riprodurre il mondo che intendono combattere e trasformare. Capisco che questo sia un punto di disaccordo nelle nostre fila tra quelli di noi che rifiutano il capitalismo, il patriarcato e il colonialismo. Può quindi essere un buon momento per riflettere, fare il punto e illuminare nuovi passi.

La grande sfida per quelli di noi che sono impegnati in questo percorso non istituzionale è stabilizzare e creare spazi di incontro permanenti, qualcosa che raramente abbiamo raggiunto. Rimanere organizzati e attivi nel tempo, relazionarci orizzontalmente tra organizzazioni e persone, è una grande sfida che richiede ascolto e rispetto reciproci.

Forse i sette principi dell’EZLN e del CNI possono servire da riferimento in questo processo di costruzioni collettive: servire e non servirsi, costruire e non distruggere, rappresentare e non soppiantare, convincere e non vincere, obbedire e non comandare, stare in basso e non stare sopra, proporre e non imporre.

Non è una semplice ricetta per il lavoro collettivo, ma possibili modi per rispettare le differenze e, anche con esse, continuare a condividere spazi e camminare spalla a spalla. Non sarà facile. Una nuova cultura politica non nasce per magia, dalla notte al giorno, nè dal semplice sforzo di alcune persone. Ci vuole molto tempo, lavorare sugli ego individuali e collettivi in modo che non siano di ostacolo, cioè andare contro corrente alla cultura individualistica proposta dal capitalista.

Questo testo è un invito a mettersi in gioco nel tour zapatista, ma soprattutto a osare condividere lo spazio-tempo con persone che non coincidono, o non piacciono per i motivi più diversi. Imparare a convivere con persone diverse non è una passeggiata in montagna in un giorno di primavera. È un compito arduo di resistenza , ma essenziale per sopravvivere a un sistema che ha messo in una sacca quelli di noi che sono di troppo.

Articolo pubblicato originariamente su https://www.naiz.eus/eu/iritzia/editorial/negu-gorrian-europan-sindemia-agerian.