Sustainable Fashion: dagli scarti alla moda sostenibile
Lo sapevi che l’85% della stoffa che l’industria della moda compra per produrre i prodotti, viene poi buttata?
Subito dopo il petrolio, l’industria della moda è la più dannosa e inquinante per l’ambiente. Ad esempio, per produrre una t-shirt in cotone sono necessari 2.700 litri di acqua; un paio di jeans circa 7.000 litri. Nemmeno i diritti dei lavoratori sono rispettati: infatti è risaputo che le grandi aziende sfruttano la manodopera dei Paesi in via di sviluppo.
Esiste però una realtà che cerca di promuovere un’inversione di marcia: il sustainable fashion, la moda sostenibile. Alla Conferenza internazionale dei giovani sul clima (COY13) che si tiene a Bonn dal 2 al 4 novembre, abbiamo conosciuto una di queste realtà: Querencia Studio affronta problemi sociali, ambientali e di diritti umani all’interno dell’industria della moda.
Composta da un team di giovani newyorkesi, Querencia Studio collaborando con Fabscrap ricicla i pezzi di stoffa buttati dalle più grandi aziende di moda. Inoltre utilizza una percentuale di fibra di bambù e una di cotone riciclato, creando materiali unici ed eco-sostenibili. I loro prodotti variano dalla T-shirt alla tuta d’alta moda. Attualmente il costo dei capi composti di materiali riciclati non è dei più economici, ma i ragazzi di Querencia Studio ci hanno spiegato che “più gente andrà a sostenere l’industria della moda sostenibile più il costo diminuirà, andando quasi ad eguagliare quello di una comune maglietta di cotone”. Unica differenza: il processo.