“Siamo complessivamente disattenti ai destini della montagna”

Intervista a Luigi Casanova, voce storica dell’ambientalismo, attualmente impegnato nella questione dell’insostenibilità delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026.

di Ingrid Salvadori
Mentor: Alessandro Graziadei

Abbiamo intervistato una voce storica dell’ambientalismo e già custode forestale in Trentino, Luigi Casanova. Da sempre amante della montagna e autore del libro “Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026. Il libro bianco delle Olimpiadi invernali”, è impegnato sulla questione dei giochi olimpici Milano-Cortina 2026 e sulla loro (in)sostenibilità, in quanto possibilmente devastanti per le Alpi orientali.

Luigi Casanova

Luigi Casanova, ci sono state varie manifestazioni di protesta contro l’insostenibilità delle olimpiadi Milano-Cortina 2026. Secondo lei, queste manifestazioni riescono a fare pressione sugli attori politici coinvolti nell’organizzazione e a portare a un dialogo partecipato?

Purtroppo queste manifestazioni non risultano incisive. Sono necessarie perché mantengono unito un insieme di sensibilità culturali e politiche attente ai destini della montagna e della città di Milano. Però dal punto di vista dell’incisività sono uguali a zero. Proprio oggi si è tenuto un incontro dei nostri avvocati con l’avvocatura dello Stato, dove chiedevamo la sospensione dei lavori per la pista di bob, che però è stata negata. In Italia non c’è un diffuso senso contrario ai grandi eventi come in Francia, Svizzera, Austria o Slovenia: siamo complessivamente disattenti ai destini della montagna e del pianeta e questo si riverbera anche nel tema delle prossime olimpiadi. 

Basandosi sulla sua esperienza da ex custode forestale e ambientalista, quanto pensa possa essere incisivo l’impatto ambientale di questi giochi?

Per le aree che ospitano le gare l’impatto sarà devastante perché all’interno delle Alpi abbiamo già consumato molto territorio con strade, impianti sportivi, il proliferare delle seconde case: quindi gli ambienti naturali rimasti sono estremamente fragili e ridotti, direi frantumati. Spiego meglio questo concetto della frammentazione: se io all’interno di una struttura boschiva costruisco due piste da sci, un impianto di risalita, due strade forestali, i ristoranti in quota, è evidente che questo ambiente nel suo complesso viene completamente depauperato. Innanzitutto perché se spezzetto il bosco non lo posso più chiamare foresta, ma una sommatoria di piccoli boschi e poi perché la fauna selvatica, specialmente nel periodo invernale, ha bisogno di rimanere tranquilla, di non subire rumori e non avere impatti luminosi durante la notte.

Ci può portare un esempio concreto?

Un primo esempio concreto lo si trova all’interno del dossier di candidatura e nei finanziamenti del governo, con decine di milioni di euro stanziate per collegamenti sciistici molto pesanti che si intendono costruire a Cortina d’Ampezzo. Se questi impianti dovessero essere realizzati, il danno alla montagna e alla natura sarà molto, molto più grande rispetto alla realizzazione della pista da bob, perché si va a demolire lo stesso intero sistema delle Dolomiti, ricordiamoci Patrimonio dell’Umanità.

Un altro esempio è il Parco Nazionale dello Stelvio. Qui, sempre con soldi pubblici regalati agli impiantisti, si vuole costruire un collegamento pazzesco tra Bormio e la montagna di Livigno (commento sarcastico “Bene, eh?”, ndr). Andiamo così a incidere senza valutazioni ambientali strategiche, a rovinare un parco nazionale già sofferente, quello dello Stelvio istituito nel 1935 e per cui il nostro Paese non è ancora stato capace di elaborare un piano di gestione. Stiamo parlando di una storia di quasi novant’anni, quindi siamo inadempienti verso il funzionamento del parco e, nonostante questo, si va a promuovere un collegamento sciistico tanto impattante… Ribadisco, la fauna selvatica e tutto l’insieme della struttura ambientale forestale verranno estremamente danneggiati da questo evento olimpico.

L’impatto non sarà solo ambientale ma anche sociale, soprattutto per le comunità che vivono nelle località dei giochi. Secondo lei, cosa dovremmo aspettarci?

Ci aspettiamo un grande caos in territori estremamente limitati, come la valle del Boite di Cortina o la Valtellina nel caso di Bormio. Nel giro di venti giorni avremo un accesso di decine di migliaia di persone tra giornalisti, tecnici, massaggiatori e atleti. Avremo un assalto alle aree destinate ad ospitare queste gare. Poi questo circo scomparirà improvvisamente. Si parlerà delle Olimpiadi ancora per dieci giorni e poi, con l’estate del 2026, nessuno se ne ricorderà più. Cosa rimarrà su questi territori a livello sociale?

A Cortina rimarrà senza dubbio lo stadio del ghiaccio ripristinato e riqualificato per ospitare le gare del Curling. Ma ai cittadini di Cortina, cosa interessa del curling quando non possono godere di servizi sanitari efficienti, non esiste un progetto della mobilità e il disegno del potenziamento della ferrovia da Belluno verso Calalzo e Cortina d’Ampezzo è completamente naufragato? Nel Cadore, sicuramente le Olimpiadi lasceranno solo cemento ed asfalto, in Valtellina la stessa cosa. Ho già accennato alla devastazione di ampie aree forestali all’interno del parco dello Stelvio, dove la pista di discesa verrà potenziata e quindi i relativi parcheggi. Dove andranno Bormio e Livigno a prendere i soldi per la gestione di queste nuove strutture, da un aumento delle tasse ai residenti?

Questa sarà la grande domanda che si faranno i residenti non appena inizieranno i lavori. Ritiene che manchino informazione e consapevolezza sul tema?

Noi ambientalisti abbiamo creato un discreto movimento, siamo gli unici a fare un’informazione corretta e per fortuna troviamo situazioni di giornalismo anche adeguate a un compito così complesso. Però dobbiamo anche denunciare il fatto che i grandi media italiani sono estremamente disattenti verso quanto sta accadendo alla montagna. Probabilmente, sono pessimista, usciremo sconfitti quasi su tutto. Penso che forse riusciremo a impedire i collegamenti sciistici che ho citato, ma non tutte le altre opere. Usciremo sconfitti e purtroppo tutti i costi dell’evento ricadranno su queste località, specialmente quelle di montagna. Non è un caso che in Svizzera, in Austria e a Monaco di Baviera con dei referendum i cittadini abbiano rifiutato di ospitare i Giochi. Da noi, i referendum sono stati impediti dai comuni e dalle Regioni. Abbiamo chiesto questi passaggi istituzionali in tempi estremamente utili, e anche questo va a dimostrare come tutte le progettazioni e tutto quello che sta avvenendo attorno all’evento olimpico sia completamente privo di trasparenza. Tutte le opere sono state commissariate, impedendo a noi cittadini e associazioni un controllo nel merito e sulla correttezza di questi eventi.

Con il suo libro e i suoi interventi, lei ha permesso che questi temi e alcuni dettagli sconosciuti ai più diventassero accessibili. Che tipo di riscontro c’è stato?

Il libro ha avuto un ottimo riscontro fino ad oggi, in poco più di un anno da quando è uscito. Ho tenuto trentotto incontri pubblici, a partire dalla Valtellina fino a Cortina, e poi in Friuli. Ho incontrato quasi 2800 persone totalmente digiune del tema, quindi il libro è stato fondamentale per portare attenzione sull’argomento.

Per saperne di più

Per approfondire l’argomento consigliamo la lettura dell’articolo “La montagna italiana senza neve” e la visione di questo video.