Rischi climatici: punti di non ritorno sempre più vicini

Scienziato dell’IPCC dice chiaro e tondo: “Non possono più essere esclusi dei punti di non ritorno nel sistema climatico, quindi occorre un approccio di grande precauzione nella fase di transizione che ci troviamo ad affrontare”.

Di Roberto Barbiero

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A supporto dei negoziati che si stanno svolgendo in questi giorni iniziali della COP26 i principali enti scientifici internazionali rendono pubblici numerosi rapporti sullo stato del clima globale e sugli scenari che ci attendono. È un susseguirsi di notizie preoccupanti e drammatiche, che dovrebbero fungere da spinta per una rapida e rinnovata azione da parte dei delegati dei vari Paesi, già chiusi nelle diverse rooms, impegnati nelle difficili discussioni di questi negoziati che si annunciano tra i più complessi nella storia delle COP.

Tra i rapporti scientifici più rilevanti emerge quello del Tavolo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), che costituisce il riferimento più aggiornato e completo per l’attuale conoscenza fisico-scientifica del cambiamento climatico: Climate Change 2021: the Physical Science Basis

Una riflessione importante sul ruolo di questo rapporto è stata fornita da Johan Rockström, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research in Germania, nel discutere dei “Rischi climatici emergenti e cosa servirà per limitare il riscaldamento globale a 2.0°C” nell’ambito di un dibattito promosso a Glasgow dall’Organizzazione Mondiale della Meteorologia  (WMO) come side event della COP26. Il rapporto dell’IPCC, sottolinea Rockström, mostra i passi da gigante fatti dalla scienza del clima nella comprensione dei fenomeni in atto e soprattutto dei rischi climatici che dobbiamo affrontare. L’aumento della temperatura globale di 1,1°C rispetto all’era pre-industriale già porta con sé un incremento di eventi estremi e di rischi climatici con effetti sui sistemi naturali, in particolare ecosistemi e biodiversità, oceani e criosfera, con impatti socio-economici sulle comunità umane che appaiono particolarmente preoccupanti alla luce degli scenari attesi, in particolare se non si riuscirà a limitare il riscaldamento entro i 2°C a fine secolo. 

Sono due i punti essenziali sui quali si muove la riflessione di Rockström. Innanzitutto per la prima volta nel rapporto IPCC si dice che

non possono più essere esclusi dei tipping points (punti di non ritorno) nel sistema climatico, quindi occorre un approccio di grande precauzione nella fase di transizione che ci troviamo ad affrontare

Dei quindici tipping points conosciuti del sistema terrestre, ben nove mostrano infatti segnali evidenti di instabilità: tra questi, ad esempio, la perdita di ghiaccio Artico e della Groenlandia, la perdita della barriera corallina, la riduzione della foresta boreale ed amazzonica. Spiega Rockström:

Stiamo passando da un sistema relativamente stabile ad uno sempre meno stabile, non si può ancora dire catastrofico, ma ci stiamo muovendo sulla strada sbagliata.

Elemento chiave del nuovo rapporto IPCC, tuttavia, non è tanto la conoscenza dei processi fisici dei singoli elementi di instabilità, o punti di non ritorno, quanto piuttosto la loro interconnessione, per la gravità che un ipotetico effetto domino potrebbe implicare. Ad esempio, la rapida fusione dei ghiacci della Groenlandia può portare ad un indebolimento della circolazione oceanica Atlantica, che a sua volta ha conseguenze sulle precipitazioni nella foresta Amazzonica, rendendo più frequenti le situazioni di siccità in quell’area. Il rischio che questi fenomeni a catena comportano è potenzialmente enorme e sarà perciò oggetto di ulteriori studi e ricerche.

Un secondo punto che Rockström sottolinea si riferisce alla grande sfida che la comunità internazionale ha davanti a sé, per centrare l’obiettivo di emissioni nette nulle (net zero emissions) entro il 2050. Nella simulazione dei percorsi di decarbonizzazione e delle relative tempistiche i modelli climatici

stanno assumendo che la capacità attuale di assorbimento (di anidride carbonica, n.d.r.) dei sistemi naturali continui in maniera stabile in futuro così come la capacità di immagazzinamento di carbonio di foreste, suoli, permafrost e aree umide. Stiamo quindi ipotizzando che i sistemi biologici non attraversino punti di non ritorno.

E se ciò dovesse accadere invece? Le conseguenze potrebbero essere ancor più drammatiche di quanto fino ad ora ipotizzato.

Occorre quindi agire in fretta per conservare e proteggere i sistemi naturali da una parte e per abbattere le emissioni di gas serra dall’altra .

Di fronte alla debolezza dell’azione politica e all’insufficienza delle rinnovate ambizioni di riduzione delle emissioni di gas serra (che, anche se rese effettive, porterebbero in ogni caso ad un aumento di circa 2,7°C a fine secolo), gli scienziati ammettono che “limitare il riscaldamento globale a 1,5°C non sembra plausibile in questo momento” e che per stabilizzare la temperatura media globale alla fine del secolo sotto i 2°C rispetto ai valori pre-industriali richiederà una drammatica trasformazione sociale. Non ci sono più scuse per gli attori del mondo della politica per ignorare o non comprendere l’urgenza di agire oggi.

Uno scenario climatico che, nel frattempo, non fa sconti. Il rapporto provvisorio sullo Stato del clima globale nel 2021, basato sui dati dei primi nove mesi dell’anno, presentato a Glasgow dal WMO, evidenzia a chiare lettere come l’ulteriore record nelle concentrazioni di gas serra in atmosfera e il continuo riscaldamento della Terra abbiano “spinto il pianeta in un territorio inesplorato, con ripercussioni di vasta portata per le generazioni attuali e future”. Il 2021 è attualmente proiettato ad essere “solo” dal quinto al settimo anno più caldo mai registrato, a causa dell’influenza di una moderata La Niña all’inizio dell’anno. La Niña ha un effetto di raffreddamento temporaneo sulla temperatura media globale e influenza il tempo e il clima a scala regionale. Ma questo non nega o inverte la tendenza a lungo termine dell’aumento delle temperature.

Il rapporto preliminare sottolinea il numero impressionante di eventi meteorologici estremi o anomali che hanno contraddistinto i mesi passati, provocando danni ai sistemi naturali e alle comunità umane.

Ondate di caldo eccezionali hanno colpito il Nord America occidentale e gli Stati Uniti nei mesi di giugno e luglio. Il 29 giugno a Lytton in Canada sono stati toccati i 49,6 °C, battendo il precedente record nazionale canadese. La Death Valley, in California, il 9 luglio ha raggiunto i 54,4 °C, il più alto valore di temperatura registrato al mondo almeno dagli anni ’30. 

Anche molte aree del Mediterraneo hanno registrato temperature record e il caldo eccezionale è stato spesso accompagnato da incendi devastanti. L’11 agosto una stazione agrometeorologica in Sicilia ha raggiunto i 48,8 °C, record europeo provvisorio, mentre Kairouan (Tunisia) ha raggiunto il record di 50,3 °C. Piogge estreme e inondazioni hanno colpito la provincia cinese di Henan a luglio. La città di Zhengzhou il 20 luglio ha ricevuto 201,9 mm di pioggia in un’ora, record nazionale cinese. 

La Germania occidentale e il Belgio orientale a metà luglio hanno subito alcune delle inondazioni più gravi mai registrate con oltre 200 morti. Una forte siccità ha colpito gran parte del Sud America subtropicale per il secondo anno consecutivo, con danni in molte delle regioni di coltivazione del caffè del Brasile, così come gli Stati Uniti e il Canada, facendo crollare la produzione di grano e colza.

Eventi che hanno danneggiato ecosistemi cruciali e determinato gravi impatti sulla sicurezza alimentare, provocando ulteriori migrazioni di popolazione. Particolarmente critica attualmente la situazione in Etiopia, Sud Sudan, Yemen e Madagascar.

Gli scienziati sono chiari sui fatti. Ora i leader devono essere altrettanto chiari nelle loro azioni. La porta è aperta; le soluzioni ci sono. La COP26 deve essere una svolta. Dobbiamo agire ora, con ambizione e solidarietà, per salvaguardare il nostro futuro e salvare l’umanità

Lo ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres a conclusione della presentazione del Rapporto.

Non ci resta che attendere. Nel frattempo i punti di non ritorno si avvicinano.