Più ambizione anche alle imprese

Le aziende devono fare la loro parte nell’affrontare l’emergenza climatica: possono contribuire a guidare il cambiamento.

Di Emma Leoni

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“Oggi il consumatore è diventato un ‘consum-attore’, in grado di influenzare i metodi di produzione attraverso le sue scelte di consumo”, sostiene l’avvocato ed esperto di diritto alimentare Dario Dongo, che aveva promosso la campagna contro l’olio di palma in Italia. Imprese, industrie e società, infatti, hanno iniziato a prendere in considerazione e a confrontarsi con i propri consumatori, raccogliendo dati sui loro comportamenti e sulle loro richieste, perché sono consapevoli del fatto che il potere per il cambiamento è nelle mani del consumatore. “Risolvere la crisi climatica senza i consumatori non è possibile”, come ha detto Ruth Cranston di Sainsbury’s – ma entrambe le parti devono fare la loro parte. 

Tutti i consumatori devono diventare consumatori critici, educarsi a dirigere i loro investimenti e le loro spese verso aziende che si preoccupano veramente di rendere il mondo un posto migliore o, più semplicemente, diventare consapevoli dell’impatto dei loro acquisti quotidiani. Raggiungere l’obiettivo delle emissioni nette zero di gas serra è strettamente legato a un cambiamento sostanziale nei comportamenti individuali. Molti consumatori vogliono ridurre il loro impatto sul sistema climatico, ma c’è una discrepanza tra le azioni che pensano siano le più impattanti e ciò che è realmente necessario. Per esempio, molte azioni mirano a ridurre l’uso della plastica o a riciclare di più, ma solo poche si concentrano sulla dieta o sul modo di viaggiare, trascurando due dei settori più emissivi, la produzione alimentare e il trasporto. 

Tuttavia, la tendenza sta cambiando: Il 39% dei cittadini britannici mangia sempre più cibo a base vegetale. In Italia (parliamo di 10 milioni di famiglie e circa 22 milioni di consumatori individuali), i prodotti a base vegetale sono entrati nelle scelte alimentari del 37,9% delle famiglie italiane – dati forniti da Unione italiana food. Crescono anche i consumatori flexetariani: persone che hanno deciso di ridurre il consumo di proteine animali, per motivi di salute o ambientali, optando per alternative a base vegetale per ridurre il più possibile il consumo di carne e pesce. In generale, anche se c’è ancora un po’ di confusione, le persone cominciano ad essere consapevoli dell’influenza che hanno, ma non basta. 

Le aziende devono fare la loro parte: possono contribuire a guidare il cambiamento. La raccolta di dati è fondamentale per analizzare e comprendere meglio i comportamenti dei consumatori, per accompagnare i clienti verso nuovi atteggiamenti di acquisto che siano migliori sia per la salute che per l’ambiente. Al giorno d’oggi, la sostenibilità è una tendenza molto in voga e molti marchi lo sanno: questo non porta necessariamente ad azioni di greenwashing, come spesso si pensa. Ma, c’è sicuramente una mancanza di chiarezza, di informazioni affidabili, di etichette chiare e semplici per comunicare i prodotti, per fornire scelte diverse e accessibili, e, in generale, si osserva un basso livello di trasparenza. Questi problemi devono essere risolti per aiutare davvero i consumatori a fare scelte sostenibili. 

Qui alla COP26, l’UNFCCC ha deciso di essere trasparente sul cibo fornito ai delegati: tutti gli stand di catering intorno ai padiglioni delle delegazioni hanno etichette che informano sull’impronta di CO2 di ogni pasto che viene servito, così ognuno può essere consapevole dell’impatto della sua scelta. Infatti, un’informazione chiara e semplice è essenziale per responsabilizzare i consumatori e stimolarli ad assumersi la responsabilità delle loro scelte, perché i cambiamenti di comportamento sono strettamente legati alla percezione che le persone hanno del loro impatto, soprattutto nel caso del cambiamento climatico. 

Dalle aziende ci si aspetta non solo una maggiore trasparenza, ma anche la volontà di incoraggiare comportamenti meno impattanti, offrendo più scelte ai clienti e mostrando una chiara ambizione. Il cambiamento comportamentale riguarda la trasformazione strutturale del sistema, assicurando partecipazione e proprietà, rendendo le nuove scelte chiare, facili e accessibili. La tecnica del nudging – intervenire proattivamente sull’architettura delle scelte, in modo da incoraggiare gli utenti, i consumatori, i cittadini a scegliere certe opzioni e non altre, senza che si sentano costretti a farlo o che le percepiscano come azioni imposte – potrebbe essere un modo alternativo per spingere delicatamente i consumatori verso una certa scelta, portandoli alla scelta di prodotti più sostenibili, più ecologici e a minor impatto. 

I cambiamenti nelle percezioni di consumo, negli atteggiamenti, nei comportamenti e nelle abitudini possono avere effetti più ampi, come cambiamenti nelle politiche pubbliche, cambiamenti negli investimenti delle aziende e, di conseguenza, sono un contributo rilevante nel contrastare il cambiamento climatico. La somma dell’impatto delle azioni di ogni individuo equivale a grandi cambiamenti nel grande schema delle cose. Cambiare le nostre abitudini di consumo è ciò che possiamo fare oggi. Insieme abbiamo il potere di fare la differenza: uniamo i nostri sforzi, vogliamo anche voi!