Uno studio della rivista medica “The Lancet” rivela l’estensione dell’ansia climatica. Foto di Uday Mittal (Unsplash)

La crisi climatica fa male anche alla nostra salute mentale

Uno studio pubblicato sulla rivista medica “The Lancet”, a cui hanno preso parte 10 mila giovani tra i 16 e i 25 anni, rivela la diffusione dell’ansia climatica.

di Viola Ducati, articolista di Agenzia di Stampa Giovanile

Uno studio condotto nella primavera del 2021 ha misurato l’ansia climatica di 10 000 giovani in dieci Paesi del mondo. Il quadro che ne è emerso è preoccupante: l’84% degli intervistati ha dichiarato di sperimentare uno stato cronico di preoccupazione e di essere condizionato nelle proprie scelte riguardo al futuro. Nel 60% dei casi l’ansia e lo stress sono alimentati da una percezione negativa delle risposte dei governi al cambiamento climatico. Secondo i ricercatori le conseguenze sulla salute mentale delle nuove generazioni saranno pesanti.

Lo studio

Dall’inizio del 2021 nove istituti scientifici statunitensi, inglesi e finlandesi hanno collaborato a un progetto di ricerca senza precedenti per numero di persone intervistate e varietà dei loro contesti di provenienza. Allo studio, infatti, hanno preso parte 10 000 giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni, provenienti da Australia, Brasile, Filippine, Finlandia, Francia, India, Nigeria, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti. I risultati dell’indagine, pubblicati in preprint sulla rivista medica The Lancet alla fine di settembre, hanno dato vita a un ampio dibattito. Le questioni in gioco sono molte: lo studio è il primo tentativo sistematico di misurare in termini quantitativi l’ansia climatica, ma si pone anche obiettivo di fare luce sul nesso tra le risposte affettive, cognitive e comportamentali dei giovani alla crisi climatica e l’azione politica messa in campo dai governi. I dati allarmanti raccolti nei sondaggi sollevano il tema della giustizia climatica e delle responsabilità degli adulti per i danni morali inflitti alle nuove generazioni. 

L’ansia climatica

Preoccuparsi del cambiamento climatico è sano e razionale. L’ansia, di per sé, è un’emozione positiva e adattiva, perché ci avverte del pericolo e ci spinge a cercare informazioni e possibili soluzioni. Quando l’ansia diventa cronica, però, smette di essere una risorsa e inizia ad essere un problema. È questo il caso della cosiddetta “eco-ansia”: visto che il cambiamento climatico è un fenomeno che non possiamo eliminare e per il quale manca una soluzione chiara, l’ansia cresce e diventa troppo intensa, persino opprimente.

Il suo impatto sulle emozioni, sui pensieri e sui comportamenti dei più giovani è notevole: gli intervistati sperimentano di frequente paura, rabbia, tristezza, disperazione, senso di colpa e vergogna; hanno pensieri negativi ricorsivi, come la convinzione di non avere un futuro e di essere dannati in quanto umanità; tendono e limitare la propria progettualità futura, per esempio esitando ad avere figli, perché considerano il futuro spaventoso. 

Quali sono le cause del loro profondo malessere? Il cambiamento climatico, con il suo carico di distruzione e di eventi traumatici, ha di certo un forte impatto sia diretto che indiretto, perché mette a dura prova le risorse pubbliche e personali e il buon funzionamento delle comunità. I fattori in gioco, tuttavia, sono molti di più. I giovani sperimentano spesso un ulteriore carico di confusione, tradimento e abbandono a causa dell’inazione 

degli adulti nei confronti del cambiamento climatico. Le loro richieste non vengono ascoltate e il loro diritto al futuro e a un pianeta vivibile non viene riconosciuto, tanto che sempre più spesso giovani e giovanissimi devono rivolgersi ai tribunali per ottenere tutela. Questi fattori politici e relazionali, uniti alla frequente carenza di servizi sociali adeguati, influiscono negativamente sulla loro salute e sul loro benessere psicosociale. L’ansia climatica si trasforma così in vera e propria patologia. 

La salute mentale

I dati raccolti dai ricercatori restituiscono un quadro globale minaccioso. Ansia e stress interessano le popolazioni giovanili sia di Paesi già vulnerabili al cambiamento climatico, come le Filippine, sia di Paesi per ora meno esposti, come il Regno Unito. Quale sarà la qualità della vita delle nuove generazioni? Quale sarà il futuro della loro salute mentale? Ad oggi non ci sono modelli di previsione su larga scala, ma conosciamo gli effetti dello stress cronico sulla salute mentale dei bambini, in pieno sviluppo neurologico e psicologico e incapaci di mettere in campo le risorse personali e sociali a disposizione degli adulti. Secondo Caroline Hickman, psicoterapeuta e principale autrice dello studio, l’esposizione all’eco-ansia avrà un impatto duraturo sulla salute dei più giovani e aumenterà il rischio di sviluppare patologie mentali. “L’ansia climatica potrebbe non costituire una malattia mentale”, scrive Hickman, “ma se gli eventi metereologici estremi legati al cambiamento climatico continueranno a persistere, intensificarsi e accelerare, in assenza di fattori di mitigazione gli impatti sulla salute mentale seguiranno lo stesso modello”.

Le responsabilità della politica

Il malessere dei giovani è aggravato dal comportamento degli adulti, che non ascoltano, non capiscono e non agiscono. In una rilevazione su larga scala condotta nel 2021, gli intervistati si sono dichiarati “bloccati dal divario generazionale, frustrati dalla disuguaglianza di potere, traditi, arrabbiati e disillusi nei confronti delle autorità”. I sentimenti di impotenza, abbandono e tradimento fanno male. Se l’ansia climatica è direttamente proporzionale alla passività della classe politica, i governi di tutto il mondo sono chiamati a rispondere del danno morale inflitto alle nuove generazioni. Secondo Hickman e colleghi, infatti, lo stress correlato alla crisi climatica è a tutti gli effetti un’ingiustizia, perché gli adulti in posizione di potere, decidendo di non agire o agendo in modo insufficiente, hanno messo a rischio il futuro dei più giovani e trasgredito norme morali fondamentali come la cura per gli altri, il senso di responsabilità e il rispetto per il pianeta. 

“Penso che per i giovani sia diverso. Per noi la distruzione del pianeta è un fatto personale”, ha dichiarato un ragazzo sedicenne intervistato. Il disastro ecologico, mettendo in pericolo e danneggiando dei bisogni umani fondamentali, è anche una questione di diritti umani. 

Come fare fronte a questa situazione? Come aiutare i giovani a riappropriarsi della loro salute e del loro diritto al futuro? Gli autori dello studio indicano tre strumenti chiave per far fronte all’eco-ansia: le risorse psicosociali, la capacità di adattamento e la capacità di agire per affrontare e mitigare i fattori di stress. Tradotto in termini concreti, i giovani hanno bisogno di sentirsi ascoltati, di vedere validate le proprie emozioni e di avere risposte chiare da chi detiene il potere. Dire al singolo di agire in prima persona è disonesto e non basta. Serve un discorso sociale che si faccia carica del loro malessere e che metta i giovani al centro del processo politico.