India: 100 Smart Cities per mitigare il cambiamento climatico

Il governo indiano stanzia 15 miliardi di dollari per riconvertire lo sviluppo urbanoSentiamo spesso parlare di Smart Cities come una delle possibili soluzioni per fronteggiare i cambiamenti climatici senza rinunciare allo sviluppo urbano.
Ma cosa s’intende quando ci si riferisce a queste “Città intelligenti”? Una città viene definita smart quando la sua pianificazione urbanistica è tesa all’ottimizzazione delle risorse e all’innovazione tecnologica per una migliore gestione dei servizi.In particolare, questo tipo di strutture, sono fondamentali nei paesi in via di sviluppo con un alto tasso di crescita demografica, come ad esempio la Cina o l’India.
E proprio quest’ultima ha presentato in questi giorni alla COP di Parigi, un ambizioso programma lanciato negli scorsi mesi per la creazione nei prossimi 5 anni di 100 smart cities e la conversione di 500 città. In altre parole, il governo indiano ha stanziato 15 miliardi di dollari per investire nei traporti pubblici (cercando di ridimensionare l’insostenibile problema del traffico di molte città indiane), in sistemi di energia rinnovabile e nella gestione dei rifiuti solidi urbani.
Tra le varie problematiche la gestione dei rifiuti risulta essere una tra le più gravi: nel paese infatti spesso questi rifiuti vengono bruciati, immettendo nell’atmosfera ogni anno circa 35 milioni di tonnellate di anidride carbonica e gas effetto serra. La soluzione proposta dal progetto? Riciclare. Il governo infatti, ha posto come obiettivo quello di creare un sistema di riciclaggio che arrivi a riutilizzare l’80% dei rifiuti, abbattendo così le emissioni derivanti dalla combustione di questo materiale e ricavando prodotti, come il compost, riutilizzabili da tutti nelle mansioni quotidiane.Un altro vanto del progetto è quello di mettere al centro i cittadini.
“Il focus è cambiato, non guardiamo più solo agli investimenti e alla tecnologia. La città che vogliamo è accessibile, sostenibile ed inclusiva. Ed è per questo motivo che il nostro sarà un progetto di successo”. Si vuole quindi, a detta di Karuna Gopal, presidente dell’associazione Futuristic Cities, avere una conversione partecipata, un processo non imposto dall’alto ma che sia veramente attento a quello che i cittadini vogliono e che soprattutto riesca a dare una abitazione dignitosa anche alle persone meno abbienti.Il programma sarà portato avanti con la collaborazione di altri stati, come il Giappone, che hanno messo a disposizione dell’iniziativa le loro tecnologie e le loro conoscenze in materia. Inoltre sul territorio nazionale verrà strutturata una rete capillare di monitoraggio, grazie all’aiuto di istituti di ricerca, comuni e provincie.In tutto ciò il settore privato gioca un ruolo rilevante poiché, come ha sostenuto Soma Banerjee della CII (la confindustria indiana, per intenderci), “sviluppare una città richiede grandissime risorse e per questo non è solo utile, bensì necessario, coinvolgere anche questo settore”.Un grande progetto quindi, senza dubbio ambizioso. Alcuni dubbi sorgono però, considerando che stiamo parlando di un paese dove più di 300 milioni di persone vivono senza energia elettrica e quasi il doppio non ha accesso ai servizi igienici.
Dubbi che sono venuti anche all’economista Laveesh Bandari che durante una conferenza sulle Smart Cities che si è tenuta lo scorso gennaio a Mumbai, ha descritto queste città come delle “special enclaves” che avranno prezzi inaccessibili ai più e gestite da politiche che terranno ben alla larga la grande fetta di popolazione povera del paese.È ancora presto per dire se succederà tutto questo, si può dire però che il progetto fa parte di un tentativo indiano di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici, senza di fatto rinunciare allo sviluppo urbano.