Il settore cinematografico ha un alto impatto ambientale: ecco come si è organizzato il Trentino per renderlo più “green”

Il Trentino e il cinema green

Il settore cinematografico – uno dei più impattanti dal punto di vista ambientale, ma al contempo un utile strumento di trasmissione di messaggi – sta compiendo dei passi avanti in termini di sostenibilità. Esempi virtuosi si sono diffusi a partire dal Trentino, anche grazie alla sua manifestazione di spicco nell’ambito: il Trento Film Festival.

di Ilaria Bionda, articolista di Agenzia di Stampa Giovanile

Il settore cinematografico – in tutte le sue parti, dalla produzione alla distribuzione – ha un elevato impatto ambientale che necessita di azioni concrete per essere arginato. I film, tuttavia, sono al contempo forti strumenti di trasmissione di messaggi importanti e, pertanto, possono e devono essere sfruttati per informare e sensibilizzare. In Trentino, in tempi recenti, questi due aspetti si sono fusi e sono state compiute diverse azioni considerabili come passi in avanti nella transizione verso un cinema green.

Dal 2016 esiste il “marchio t-green film”, uno strumento per incentivare la sostenibilità ambientale specificatamente nelle produzioni cinematografiche, gestito dalla Trentino Film Commission, organo responsabile delle produzioni cinematografiche sul territorio, e da APPA – Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente.

Abbiamo posto qualche domanda a riguardo a Marco Niro, responsabile del marchio per APPA.

Il marchio è partito con l’obiettivo di aumentare la sostenibilità ambientale nelle produzioni cinematografiche in Trentino, si tratta di «un obiettivo molto concreto, legato al fatto che l’attività di cinema non aveva alcuna attenzione da parte dell’ente pubblico in merito all’impatto ambientale e si è dunque ritenuto opportuno creare tale marchio come soluzione per transitare il settore – di natura molto impattante – verso la sostenibilità» ci spiega il dott. Niro.

L’iniziativa è partita dalla Trentino Film Commission che, avendo necessità di un ente terzo verificatore, ha coinvolto APPA, già al lavoro con altri marchi di simile entità (per la ristorazione, per la distribuzione organizzata e per gli eventi).

La produzione, per ottenere il Marchio, deve scegliere tra una serie di azioni proposte, a ognuna delle quali è assegnato un punteggio, ottenendo un minimo di 20 punti. Ci viene chiarito che tali azioni sono abbastanza semplici: «Il disciplinare è stato ideato per essere applicabile senza eccessivi stravolgimenti, questo poiché il livello medio di sostenibilità delle produzioni cinematografiche era inizialmente molto basso».

Le aree coperte: il risparmio energetico e le fonti rinnovabili, con attenzione posta agli apparecchi utilizzati e all’allaccio a utenze elettriche esistenti; i trasporti, con indirizzo verso la mobilità sostenibile grazie a veicoli a ridotto impatto (euro 6, ibridi, elettrici o a metano); i consumi alimentari, per cui viene prevista l’assenza totale di usa e getta (anche se compostabile) e l’incentivazione delle borracce; le forniture non alimentari, per le quali è prevista la scelta di prodotti con marchi ambientali; la gestione rifiuti, mediante raccolta differenziata e una formazione in merito a tutti i membri del set.

Al di là di queste azioni pratiche, esistono poi delle azioni cosiddette culturali, obbligatorie. In primis, a monte della produzione, va redatto il “piano di sostenibilità” contenente tutte le azioni per la gestione sostenibile della produzione.

In secondo luogo, a set terminato, si applicano azioni di informazione riguardo le azioni sostenibili introdotte, una diffusione che avviene tramite canali e strumenti quali trailer di backstage e comunicati stampa.

In merito all’unicità del marchio T-green film, il dott. Niro ci spiega che si tratta della prima esperienza in Europa di certificazione ambientale per le produzioni cinematografiche. Nel 2016, quando è nata, non ne esistevano altre ma erano presenti unicamente delle linee guida per un cinema sostenibile. Negli ultimi anni si sono in seguito diffuse esperienze simili in Belgio, Inghilterra e Germania ma, soprattutto, il marchio trentino si è evoluto. Esso è infatti diventato il marchio ambientale di riferimento in Italia, riconosciuto dal sistema nazionale di protezione dell’ambiente e a livello ministeriale e ha superato i confini nazionali. La certificazione è difatti oggi riconosciuta dall’Associazione Film Commission europee e ciò significa che, come ci spiega l’intervistato, grazie a una modifica del regolamento, tutte le produzioni europee possono richiedere tale marchio, con verifica da ente terzo ma sempre rilasciato dalla Trentino Film Commission.

Marco Niro, infine, risponde alla nostra domanda sul ruolo della sostenibilità in ambito cinematografico: «È molto importante perché non solo si riduce l’impatto ambientale della singola produzione o di un insieme, ma anche, soprattutto, per la potenzialità comunicativa e diffusiva elevata del cinema. È l’utilizzo di questa certificazione in chiave di diffusione del messaggio, che rende l’iniziativa fondamentale».

Questa, però, non è l’unica azione che APPA e Trentino Film Commission hanno introdotto in termini di cinema green. Durante il Trento Film Festival, svoltosi tra il 29 aprile e l’8 maggio, i due soggetti hanno infatti istituito il premio Green Film, conferito al film che esprime in maniera più efficace i valori e le pratiche della protezione e della sostenibilità ambientale, con particolare attenzione all’ambiente montano e ai cambiamenti climatici. Al premio si possono candidare sia le produzioni fiction, sia i documentari, lungometraggi e cortometraggi. La giuria di quest’anno – chiamata a valutare otto film in gara – era composta da Luca Ferrario, della Trentino Film Commission e da due esperti ambientali in rappresentanza di APPA, Marco Niro (presidente) e Lavinia Laiti.

Abbiamo posto qualche domanda a Lavinia Laiti che ci ha spiegato che la valutazione si basa sia sugli aspetti tecnici (regia, fotografia, musica, montaggio, recitazione), sia sugli aspetti di contenuto legati al tema del film. In particolare, viene guardato quanto i film siano corretti dal punto di vista scientifico, quanto rilevanti rispetto alla crisi climatica e ambientale in atto, quanto efficaci e potenti nel trasmettere il messaggio e quanto questo sia rilevante in relazione al premio. Il criterio fondamentale di scelta per la giurata è stato: «quanto efficacemente i film sono stati in grado di rappresentare non solo i pesantissimi effetti di cambiamento climatico e della perdita di biodiversità e habitat, ma anche e soprattutto quali comportamenti e azioni il singolo e le comunità possono mettere in atto per contrastare la crisi, spostando dunque l’attenzione dagli effetti all’azione». Inoltre, «La fotografia è meravigliosa in tutte le opere in gara, ma il messaggio va oltre la bellezza della natura ritratta o della qualità cinematografica della produzione». Le abbiamo chiesto cosa l’ha maggiormente colpita dei film in gara – il cui vincitore è stato Animal (Francia, 2021, 120’) di Cyril Dion – «è il carico emotivo che avvicina al punto di vista di chi è e sarà maggiormente colpito dagli impatti dei cambiamenti climatici, ossia i giovani, che però, allo stesso tempo, stanno dimostrando di essere soggetti attivi e potenti di cambiamento responsabile».