Gli impatti dell’elezione di Trump sui negoziati sul Clima

Mentre dormivamo ieri sera, al termine del secondo giorno della COP22, gli Stati Uniti hanno eletto il loro nuovo presidente. Ci siamo alzati e abbiamo iniziato a cercare notizie sulle elezioni americane. Stavamo facendo colazione e all’improvviso abbiamo saputo: Donald Trump, a sorpresa, è stato eletto il 45° presidente degli Stati Uniti. Trump, che aveva bisogno di 270 Grandi Elettori su 538 per garantirsi la vittoria, ne ha conquistati 278.
La notizia ha scosso l’ordine geopolitico mondiale e i mercati finanziari. Di fatto, qui alla COP 22, si è trasformata nel tema del giorno: il risultato impatta direttamente i negoziati climatici avendo Trump più volte detto che, una volta eletto, non avrebbe implementato l’Accordo di Parigi che gli USA hanno recentemente ratificato.
Arrivando alla conferenza, siamo andati direttamente al padiglione americano per raccogliere qualche reazione sulle elezioni. Con nostra sorpresa, l’ufficio stampa ci ha comunicato di non avere nessuna comunicazione ufficiale sul tema. Fortunatamente, Climate Action Network-USA ha organizzato una conferenza stampa sulle elezioni e le conseguenze che potrebbero avere per i negoziati sul clima.
La prima domanda ad essere posta è stata sull’impatto che l’elezione di Trump potrebbe avere sull’Accordo di Parigi. Martina Passiano (WWF) è stata la prima a rispondere. “In quanto comunità globale, possiamo e dobbiamo risolvere la crisi climatica. I risultati elettorali impatteranno il tono dei negoziati, ma le cose da fare davanti a noi rimangono le stesse nonostante le elezioni americane.”
Alden Meyer (Union of Concerned Scientists – UCS) ha proseguito sulla stessa linea: “Donald Trump sta per diventare una delle persone più potenti al mondo, ma non può cambiare le leggi della fisica, deve riconoscere che il cambiamento climatico è una realtà e che ora, come Presidente, ha una diversa responsabilità nel proteggere il benessere e la salute del proprio popolo”.
Una successiva conferenza stampa si è caratterizzata per lo stesso tono ottimista sulle elezioni presidenziali. Celia Gautier, di Climate Action Network- Francia, ha sottolineato come “il cambiamento climatico è la più grande questione geopolitica del nostro tempo. Trump non può negare i cambiamenti climatici e i suoi impatti, non può negare quello su cui ci siamo già accordati. La prospettiva politica negli Stati Uniti può cambiare ma non può cambiare la reatà dei cambiamenti climatici. David Waskow, del World Resources Institute – WRI, ha ricordato come ” i negoziatori statunitensi alla COP22 stanno ancora lavorando per il Presidente Obama”. Ha inoltre sottolineato che la sfida in Marrakech è di “assicurare che l’accordo abbia un processo chiaro –  e che ciò vale per tutte le nazioni”.
Rimane una preoccupazione: cosa cambierà per i paesi in via di sviluppo ed in particolare per le loro richieste di supporto finanziario per l’adattamento e di contribuzione al Fondo Globale Verde? Alden Mayer su questo ha risposto: “I cambiamenti climatici sono di importanza geopolitica, e gli Stati Uniti devono agire non solo a casa propria, ma anche nella sfera internazionale. Gli investimenti già fatti sulla finanza climatica devono continuare, adattamento e mitigazione incluse. Questo è sempre stato un ’test di leadership’ per tutti. Dovendocene occupare insieme, gli Stati Uniti devono essere coinvolti, così come i cittadini del mondo. Speriamo che il nuovo presidente statunitense lo riconosca”.
Se a livello mondiale non sono mancate espressioni di disappunto dopo i risultati elettorali, anche qui alla COP SustainUS, una ONG americana di giovani studenti universitari, ha promosso un’azione politica chiamata “Rendere l’America ’terra’ di nuovo” (dallo slogan di Trump, “rendere l’America grande di nuovo” n.d.t). Per molti delegati qui alla COP22 oggi è stato un giorno di lutto: domani, però, bisognerà rimboccarsi le maniche e passare all’azione, come sempre!