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È ancora possibile fare un passo indietro?

Il superamento dei “punti di non ritorno” del sistema climatico globale è molto vicino e i rischi che si corrono sono elevati. Tra i cittadini globali esiste predisposizione ad agire per salvare il Pianeta, ma ciò che manca è un indirizzo da parte dei leader.

Di Ilaria Bionda, articolista di Agenzia di Stampa Giovanile

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Secondo il recente studio Economic impacts of tipping points in the climate system il superamento dei cosiddetti tipping points (in italiano punti di non ritorno) del sistema climatico globale porterebbe a un elevato incremento degli impatti economici del cambiamento climatico. Un team di ricercatori ha creato un nuovo modello per stimare tali conseguenze e ha appurato che il rischio che si corre è un aumento dei danni del 25%. Tale scenario è però definito conservativo: le cifre sono sottostimate e lo scenario potrebbe essere peggiore.

I tipping points presi in considerazione dal team presentano ognuno conseguenze negative per l’ambiente, eccoli in breve:

  • scioglimento del permafrost con conseguente incremento delle emissioni di anidride carbonica e metano;
  • dissociazione dei depositi ghiacciati di idrati di gas sottomarini con conseguente rilascio di metano;
  • scioglimento della mole di ghiaccio nel Mar Artico responsabile dell’importante fenomeno chiamato surface albedo feedback – che consente di riflettere la luce nello spazio senza assorbirne il calore – e conseguente impatto sul riscaldamento globale;
  • deperimento della foresta amazzonica con conseguente rilascio di diossido di carbonio;
  • disintegrazione della banchina groenlandese e di quella dell’Antartide Occidentale con conseguente innalzamento del livello del mare;
  • rallentamento della circolazione del ribaltamento meridionale atlantico – un importante processo oceanico con un ruolo fondamentale per la regolazione del clima del nostro pianeta – con conseguenti cambiamenti delle temperature;
  • variabilità del monsone estivo indiano con influenze dirette sul PIL pro-capite del Paese.

Le perdite economiche causate dal superamento di questi punti di non ritorno – tra i quali i peggiori sono la dissociazione degli idrati di metano negli oceani e lo scioglimento del permafrost – verranno registrate in tutti i paesi del mondo. Tali limiti, tuttavia, sono attualmente ignorati o presi in considerazione solo superficialmente dai governi, nonostante gli scienziati si siano già espressi a riguardo dei rischi. 

Tale problema è emerso anche da un recente sondaggio internazionale a proposito delle attitudini presenti e necessarie nei confronti dei beni comuni (Global Commons Survey: Attitudes to Transformation and Planetary Stewardship) promosso dalla Global Commons Alliance e condotto da Ipsos MORI su un campione di adulti tra i 16 e i 75 anni in 19 nazioni del G20. I rispondenti hanno sottolineato la necessità di un cambiamento di priorità dall’alto, mostrandosi consapevoli e pronti ad agire in prima linea per migliorare la situazione.

3 intervistati su 4 credono che il raggiungimento dei punti di non ritorno per il Pianeta sia molto vicino e il 58% si ritiene estremamente preoccupato per tale motivo. Un buon numero di intervistati mostra poi il proprio supporto a urgenti e decisive azioni riguardanti la crisi climatica e naturale, ed è pronto a impegnarsi anche in prima persona per proteggere e rigenerare i beni comuni globali. 

È comune, inoltre, il pensiero che l’economia delle nazioni dovrebbe mirare oltre il focus sul profitto e dedicarsi ad altri temi, quali il benessere umano e la protezione ecologica; l’approccio attuale dei leader è definito non funzionante, ed è pertanto definito necessario un cambiamento di prospettiva. A questo proposito, il 69% delle persone intervistate crede che i benefici possibilmente derivati dalla protezione dei beni comuni globali superino i costi. In aggiunta, quasi 3 intervistati su 4 credono che la pandemia si possa sfruttare positivamente per rinforzare la società e renderla più resiliente in futuro; tale emergenza ha infatti dimostrato come i comportamenti possano cambiare velocemente per adattarsi alle situazioni nuove. 

Da tale sondaggio emerge, in sintesi, che le persone sono generalmente consapevoli dei rischi che il nostro Pianeta sta affrontando, e si dimostrano pronte a intervenire per salvarlo. Tuttavia, manca un aiuto concreto a comprendere il modo in cui agire e in questo ambito dovrebbero intervenire i leader politici con un’adeguata comunicazione – mediante una corretta e comprensibile copertura mediatica – sull’importanza dei beni comuni globali, oltre che mettendo in atto una maggiore cooperazione globale per affrontare tali sfide. 

È da sottolineare che le risposte più positive sono giunte dai paesi con economie emergenti e che il profilo di coloro che spingono al cambiamento possiede questi tratti: donne, under 45, istruite, che vivono in città e che tendono a identificarsi come cittadine globali.  Consapevolezza e volontà di agire sono minori in uomini, anziani, abitanti delle zone rurali, nazionalisti e benestanti. 

I risultati a questo sondaggio globale dovrebbero servire come spinta ai leader del G20 per un’implementazione più rapida di politiche ambiziose allo scopo di proteggere e rigenerare i nostri beni comuni globali.