Due ruote per salvare il pianeta

Mentre i Capi di Stato contraddicono il motivo principale per il quale sono a Glasgow, raggiungendo la COP16 con jet privati e numerose automobili al seguito, c’è chi, lontano dai riflettori, ha scelto un metodo alternativo e sostenibile di viaggiare, portando con sé un importante messaggio. 

Di Ilaria Bionda

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Da un lato ci sono i Capi di Stato, criticati per aver raggiunto la COP26 con jet privati inquinanti o seguiti da numerose auto di sicurezza, dall’altro ci sono molte persone che hanno viaggiato verso Glasgow in modi alternativi, al fine di aumentare la consapevolezza relativa all’inquinamento e al cambiamento climatico. Il fine è lo stesso per tutti – sensibilizzare e promuovere un modo sostenibile di spostarsi – ma ogni viaggiatore ha le proprie idee e motivazioni per spiegare un tale viaggio.

Il primo novembre 2021, dopo un viaggio di 500km, 39 attivisti sono arrivati in bicicletta al Gartnavel Hospital di Glasgow: il gruppo era formato da operatori sanitari, medici e altri lavoratori di ospedali infantili, i quali hanno pedalato da Londra per sensibilizzare sui danni causati dall’aria inquinata, soprattutto per la salute dei bambini. Durante il viaggio, i ciclisti si sono fermati per incontrare il pubblico e discutere attivamente le proprie istanze. 

Un altro gruppo – appartenente al progetto Ride to change – ha lasciato Londra per raggiungere Glasgow in bicicletta. Gli obiettivi principali riguardavano creare una rete, fare esperienza e sensibilizzare, sempre sul tema chiave dei cambiamenti climatici. Più di 500 miglia sono state percorse anche da un gruppo di ciclisti partiti da Brighton, i quali hanno raggiunto la sede della COP26 in nove giorni, effettuando alcune tappe con attività programmate – che comprendevano sia giochi, sia dibattiti – per sensibilizzare sul tema del viaggiare sostenibili. L’idea era quella di mettere pressione ai Capi di Stato per decisioni rapide, mostrando che un modo di spostarsi a zero emissioni è possibile.

Foto di: Ilaria Bionda

Non ci sono però solo gruppi che hanno deciso di intraprendere questo viaggio alternativo: Jessie – un’attivista di sedici anni del Devon, nel sud dell’Inghilterra – ha scelto di utilizzare la sua bicicletta per recarsi a Glasgow, viaggiando per 917 chilometri, dopo essersi resa conto di quanto costoso sia il treno. Nonostante l’iniziale preoccupazione dei genitori, la giovane è riuscita a convincerli e a partire, portando con sé le istanze giovanili, ritenendo che sia fondamentale che le nuove generazioni vengano ascoltate. Questo è stato il suo modo di farsi sentire. 

Anche oltremanica c’è chi è partito in bicicletta per arrivare a Glasgow. Omar Di Felice, un ciclista estremo italiano – che annovera tra le sue imprese il Campo Base dell’Everest e la traversata del deserto dei Gobi – ha deciso di sfidare ancora una volta sé stesso raggiungendo la COP26 dopo 2.000km in otto giorni. Il quarantenne romano è partito da Milano e ha attraversato Svizzera, Germania, Lussemburgo, Belgio, Francia e Regno Unito, facendo anche tappa in alcuni luoghi significativi per la crisi climatica, come il ghiacciaio del Ticino e gli impianti nucleari in Francia. Omar è riuscito, poi, per la prima volta nella storia della COP26 a portare la sua bicicletta all’interno dei padiglioni.

Omar Di Felice

Abbiamo avuto l’opportunità di porgli qualche domanda a proposito di questa incredibile esperienza. La principale motivazione che lo ha spinto a intraprendere questo viaggio giunge dalle sue precedenti avventure intorno al mondo:

Viaggiare nelle aree remote del Pianeta mi sta mettendo di fronte a un dato di realtà ineccepibile: ovunque i segnali del cambiamento climatico sono evidenti e inconfutabili: dal ritiro dei ghiacciai, fino agli eventi estremi e allo scarso innevamento delle regioni artiche. 

Per questo motivo ha lanciato il progetto bike to 1.5°C volto a sensibilizzare e a lanciare il messaggio “il cambiamento è possibile con mezzi “potenti” e sostenibili come la bicicletta”. Omar è fermamente convinto che l’azione di ognuno di noi sia indispensabile: durante il suo viaggio ha chiesto l’aiuto di tecnici, scienziati, fisici climatologi organizzando delle dirette, in modo da massimizzare l’effetto del messaggio di cui si è fatto portavoce offrendo da voci esperte delle soluzioni adottabili da ognuno di noi. Inoltre,

portare la bicicletta all’interno della COP è stato un atto dovuto e fortemente desiderato, per lanciare un chiaro segnale ai politici affinché agiscano ora, mettendo da parte le parole e le promesse. È stata anche un’emozione indescrivibile, al pari del raggiungere il campo base dell’Everest o pedalare oltre il circolo polare.

Lui pensa che le due ruote siano il mezzo più sano e naturale per raggiungere le mete e gli obiettivi più ambiziosi, tanto da dichiarare: “da sempre credo nel valore della bicicletta”.

Sicuramente la storia di Omar e le altre qui raccontate possono fungere da esempi positivi per intraprendere un “viaggio incredibile” anche nel nostro piccolo, e da motivazioni per vivere in modo sostenibile ogni giorno.