Gas serra: le emissioni rallentano ma non basta

La Terra è entrata in una nuova era a causa al contributo delle emissioni di gas serra prodotti dalle attività umane sin dall’inizio dell’era industriale. Questo uno dei messaggi chiave espressi alla presentazione del rapporto del Global Carbon Budget 2016, il lavoro frutto del contributo di decine di istituzioni e di centinaia di persone coinvolte in attività di ricerca e monitoraggio a livello internazionale.nIl 2016 si avvia ad essere il primo anno con concentrazione di CO2 stabilmente oltre le 400 ppm come non avveniva da circa tre milioni di anni secondo le stime degli studi paleoclimatici. La concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è cresciuta del 44% dal 1750, inizio dell’era industriale, al 2015, passando da 277 ppm a 399 ppm. L’attenzione maggiore è rivolta alle fonti di emissioni industriali e dei combustibili fossili che sono state di circa 36.3 GtCO2 nel 2015, superiori del 63% rispetto alle emissioni di riferimento del 1990, e con una stima per il 2016 che pur indicando una lieve crescita, conferma il generale rallentamento a livello globale degli ultimi anni. 

Il rapporto passa poi all’analisi dei quattro più importanti emettitori del 2015 responsabili del 59% delle emissioni globali, classifica che vede saldamente al primo posto la Cina (29%), seguita dagli Stati Uniti (15%), dall’EU28 (10%) e infine dall’India (6%).nNegli ultimi tre anni le emissioni sono rimaste sostanzialmente costanti per Cina, Stati Uniti e UE28 mentre per l’India si nota un trend di continua crescita. Le stime per il 2016 sono di un lieve inatteso aumento per l’UE28 mentre per Stati Uniti e Cina si osserva una lieve flessione. Dopo una crescita continua al ritmo del 5% annuo la Cina in particolare ha visto calare le proprie emissioni dal 2015 grazie alle politiche di riduzione dell’uso del carbone. Il rallentamento degli Stati Uniti e della Cina viene visto come un segnale incoraggiante che mostra infatti come sia possibile un percorso reale di riduzione delle emissioni e incoraggia ad azioni più ambiziose.
Ma cosa ci aspetta in futuro? L’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature inferiore a +2°C a fine secolo stabilito dall’Accordo di Parigi, richiederebbe il raggiungimento del picco delle emissioni entro il 2020 e una tendenziale riduzione a zero entro il 2050. Un cammino che sembra attualmente fuori dalla portata osservando i possibili scenari di emissione futuri. Al tasso attuale di emissioni infatti la quota di CO2 che il pianeta può permettersi per mantenere il riscaldamento globale entro 2°C sarà consumata nei prossimi vent’anni. E tutto questo senza tenere conto che le emissioni stimate dal rilascio di anidride carbonica, oltre che di metano, da parte del permafrost in fase di degrado non sono considerate in questo budget di fatto riducendo ulteriormente il margine disponibile. Gli impegni volontari di riduzione dei gas serra espressi dalle Parti e alla base dell’Accordo di Parigi non sono sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi stabiliti e questo appare ormai chiaro qui a Marrakech. Manca poco tempo, troppo poco probabilmente per fermarci. C’è da augurarsi che le delegazioni governative attualmente riunite nei tavoli di lavoro comprendano questa urgenza.