In piazza per parlare di sviluppo dei luoghi e delle persone

In Piazza Santa Maria Maggiore, durante il Festival dell’Economia, la Fondazione Franco Demarchi organizza e coordina “RE-PLAY³…UNA PIAZZA CHE CRESCE all’insegna di una nuova sussidiarietà per un welfare generativo di montagna”. Abbiamo intervistato il presidente della Fondazione, Federico Samaden.

Di Elisabetta Chiesa

La Fondazione Franco Demarchi offre servizi volti all’innovazione sociale per cittadini/e, professionisti/e, privato sociale, istituzioni ed organizzazioni, svolgendo anche formazione e ricerca. In occasione del Festival dell’Economia 2021, la Fondazione propone la terza edizione di “Re-Play”, ospitando in Piazza Santa Maria Maggiore molte realtà sociali del territorio, per raccontarne il valore e l’importanza anche nella sfera economica.

Federico Samaden – Foto di Giorgia Capra

Abbiamo partecipato alla presentazione del programma, in cui è intervenuto Federico Samaden, presidente della Fondazione, che abbiamo intervistato. Samaden, di formazione economica, nel 1989 ha fondato assieme a Vincenzo Muccioli la sede trentina della comunità di recupero di San Patrignano, che ha gestito fino al 2007. Dal 2008 al 2012 è stato membro della consulta degli esperti del dipartimento delle politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal 2009 è dirigente dell’Istituto di Formazione Professionale Alberghiera della provincia autonoma di Trento.

Per quale motivo la Fondazione Franco De Marchi propone da tre anni questo spazio che ospita le associazioni del territorio proprio durante il Festival dell’Economia?

Perché all’interno del concetto di economia c’è una parte che ha a che fare con gli esseri umani e non con i soldi. Si pensa che l’economia principalmente siano danari, in realtà l’economia è capitale umano, sviluppo dei luoghi, quindi sviluppo delle persone. Ecco, a noi sta a cuore questa parte dell’economia, che si chiama welfare, si chiama sviluppo, e in tanti altri modi. Quindi da tre anni presidiamo questo argomento e questo territorio in piazza, che è un luogo simbolico. 

Perché quest’anno avete scelto il tema della montagna?

Il tema della montagna è stato scelto perché ci siamo sempre più concentrati nelle dimensioni più piccole, non per abbandonare un concetto ampio in cui noi vogliamo stare, ma perché nel piccolo trovi tanti significati, tante possibili vie di sviluppo, profondità di relazioni. Abbiamo una serie di progetti come il co-living che sono mirati a queste dimensioni. I territori di montagna, in Trentino e non solo, hanno caratteristiche molto adatte a questa nostra intenzione. Sono luoghi dove coesistono ancora valori familiari, di partecipazione e di condivisione. Sono luoghi interessanti, magari non brillano per le loro capacità comunicative, però sono straordinariamente profondi dal punto di vista delle relazioni fra le persone e quindi sono interessanti.

A proposito del rapporto tra montagna e giovani, e rispetto alla sua esperienza di dirigente scolastico e di educatore, quali sono secondo lei le difficoltà che un giovane incontra in un ambiente di montagna?

Secondo me, un giovane non incontra difficoltà in quanto si trova in un ambiente di montagna. La maggiore difficoltà che i giovani incontrano dal mio punto di vista è l’occupazione da parte degli adulti di tutti gli spazi, a prescindere che sia al mare o in montagna. È una cattiva abitudine del mondo adulto, che è collegata a un profondo bisogno di affermare se stessi. Faccio un esempio per farmi capire: mio padre e mio nonno non hanno mai fatto le cose per se stessi, per dare da mangiare al proprio ego, l’hanno fatto invece per lasciare qualcosa ai propri figli, a chi veniva dopo. Questo meccanismo si è interrotto, l’uomo adulto ha cominciato sempre più a vivere per cercare di soddisfare sempre di più se stesso e questo ha portato a delle disfunzioni del sistema, perché dura nel tempo.

Ci sono persone che a 60, 70 anni ancora occupa posizioni e non vuole lasciarle, facendo riferimento alla propria esperienza. Già prima di andare in pensione bisogna coinvolgere i giovani, se si vuole veramente rendere grazie a ciò di cui i giovani hanno diritto di avere, senza limitarsi a fare convegni per i giovani. Credo che su questa strada si possano costruire dei bei modelli. Il concetto di prendere un giovane e formarselo, accompagnarlo durante le ultime fasi della propria professione è un’opzione molto interessante.

Quali sono i progetti in corso e per il futuro della Fondazione per i giovani?

Altrochè! Io se potessi farei abitare giorno e notte i giovani in Fondazione. Abbiamo per esempio chiamato l’Istituto d’Arte per rendere un po’ più bello l’edificio che possiede alcuni spazi angusti. Una quinta classe farà dei bozzetti e delle proposte per noi durante il corso dell’anno. Abbiamo poi inserito in Fondazione da quest’anno, su mandato del decisore politico, la parte educativa, ovvero tutto il rapporto con il mondo delle scuole.

Uno dei progetti che abbiamo studiato e che vogliamo mettere in campo è una proposta come la vostra (di Agenzia di Stampa Giovanile, ndr), anzi, di potenziare la vostra proposta, per narrare i territori da un punto di vista molto particolare, che attualmente non è narrata. Ogni territorio ha le sue peculiarità, un’anima profonda, e come fa quest’anima ad essere trasferita da una generazione all’altra attraverso i processi educativi?

Non riguarda tanto le scuole, gli educatori e i servizi sociali. È una questione di territorio, di persone, di come circola la responsabilità educativa in territorio. Mi piacerebbe far raccontare un Trentino di cui io fino ad oggi non ho mai sentito parlare, e che è potentissimo. Prima raccontavo a qualcuno di voi l’esperienza di mio figlio, che da 11 a 17 anni ha fatto l’allievo Vigile del Fuoco a Pergine, ed è stata la più straordinaria esperienza educativa che io abbia mai incontrato.

Un’essenzialità di processi educanti, una condivisione, una forza anche simbolica nelle azioni e una capacità di sintesi di molti significati che io consiglierei come metodo a tutti. Questo è solo un piccolo esempio, ma ci sono le Proloco e altre iniziative che non sono catalogate nel repertorio dei soggetti educatori secondo principi istituzionali, eppure rappresentano la potenza del territorio. Quindi, credo che questi aspetti meritino di essere raccontati, ma non da me, deve essere raccontata da voi giovani.