2023: un riscaldamento globale da record
Due autorevoli rapporti scientifici di recente pubblicazione confermano nuovi record di temperatura globale a fronte dell’insufficienza delle azioni di mitigazione.
di Lavinia Laiti
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É stata pubblicata proprio il 30 novembre, in occasione della prima giornata della Conferenza ONU sul Clima di Dubai, la COP28, la versione provvisoria 2023 del Rapporto sullo Stato del Clima Globale (Provisional State of the Global Climate 2023) dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), tra i documenti scientifici più autorevoli nel campo della scienza del clima.
Il messaggio chiave del Rapporto è la conferma del fatto che il 2023 è sulla strada giusta per segnare un nuovo record di temperatura media globale e confermarsi come l’anno più caldo mai registrato finora. Le osservazioni raccolte fino alla fine del mese di ottobre mostrano infatti un’anomalia positiva di circa 1.40 °C (con un margine di incertezza di ±0.12°C, per la precisione) rispetto alla media del periodo pre-industriale, identificato per convenzione con gli anni 1850-1900. Anche i singoli mesi di giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre (e con tutta probabilità anche novembre) si sono rivelati i più caldi dall’inizio delle osservazioni, cioè 174 anni fa. Ad oggi la differenza tra il 2023 e il 2016 e il 2020, i due anni precedentemente classificati come i più caldi (che hanno fatto registrare anomalie di 1.29 e 1.27 °C rispettivamente), è tale che è del tutto improbabile che la classifica venga modificata dagli ultimi due mesi dell’anno.
Oltre a confermare il progressivo riscaldamento globale di lungo termine di origine antropica, il significativo riscaldamento avvenuto tra 2022 e 2023 è plausibilmente da attribuirsi allo sviluppo nel settembre 2023 di El Niño, un fenomeno climatico periodico che provoca un forte riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico, spiegano gli scienziati. Già a maggio il WMO aveva avvertito che El Niño avrebbe molto probabilmente portato a un riscaldamento globale più intenso, con effetti più evidenti attesi nel 2024.
Quanto siamo lontani dai livelli di riscaldamento stabiliti dall’Accordo di Parigi del 2015?
Durante la COP21 la comunità internazionale riconobbe la necessità di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 °C e di proseguire tutti gli sforzi per non andare oltre 1.5 °C, per evitare gravi impatti negativi e potenzialmente catastrofici per l’ambiente e le comunità umane. Allo stato attuale, dati recenti forniti dal Copernicus Climate Change Service (C3S) rivelano che il 17 e 18 novembre 2023, per la prima volta, la temperatura media globale della superficie della Terra ha superato la soglia critica dei 2 °C sopra i livelli pre-industriali, anche se di soli 6-7 centesimi di grado.
“Sebbene il superamento temporaneo della soglia dei 2°C per un certo numero di giorni non significhi che abbiamo violato gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, più spesso superiamo questa soglia, più gravi saranno gli effetti cumulativi”, commenta Carlo Buontempo, direttore del C3S. Nonostante il cambiamento climatico si misuri su periodi di riferimento dell’ordine dei decenni, si tratta di un segnale davvero preoccupante se si considera anche che, nel corso del 2023, sono già 86 i giorni nei quali la soglia “di sicurezza” di 1.5 °C è stata superata.
Al netto delle oscillazioni giornaliere e annuali, il superamento stabile del limite di 1.5 °C potrebbe essere più vicino di quanto sembri, se non agiamo rapidamente in maniera netta e incisiva: gli esperti ipotizzano che esso potrebbe avvenire tra il 2030 e il 2050, ma le stime più aggiornate del C3S, basate sulle tendenze di temperatura relative agli ultimi 30 anni, ad oggi lo prevedono nel 2034.
Qual è il divario tra le azioni di mitigazione attualmente in atto e quelle di cui abbiamo bisogno?
Presentato dieci giorni prima del rapporto del WMO, il Rapporto sul Divario delle Emissioni (Emission Gap Report) 2023 del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) ha un titolo che non lascia spazio al dubbio: “Broken Record – Temperatures hit new highs, yet world fails to cut emissions (again)” ossia “Record infranto – Le temperature raggiungono nuovi massimi, ma il mondo non riesce a ridurre le emissioni (di nuovo)”. Nonostante i progressi avvenuti in seguito alla firma dell’Accordo di Parigi, le emissioni di gas climalteranti sono infatti ancora previste in aumento nel 2030, del 3% a fronte di una riduzione del 28% necessaria per seguire una traiettoria che rispetti la soglia dei 2 °C e addirittura del 42% per l’obiettivo di 1.5 °C.
Alla luce delle politiche di mitigazione odierne e nell’ipotesi di una piena attuazione dei Contributi Nazionali Determinati (NDC) da parte di tutti i Paesi firmatari dell’Accordo, si stima che il livello di riscaldamento globale raggiungerebbe valori compresi tra 2.5 e 3 °C oltre la media pre-industriale. Nello scenario più ottimistico, la probabilità di rispettare la soglia di 1.5 °C è solo del 14%. Il rapporto richiama quindi le nazioni ad accelerare e rafforzare l’azione di decarbonizzazione, andando oltre gli abbattimenti delle emissioni promessi per il 2030.
I Paesi con le maggiori capacità e responsabilità emissive, in particolare quelli ad alto reddito e alte emissioni appartenenti al G20, afferma l’UNEP, dovranno intraprendere azioni più ambiziose e, allo stesso tempo, sostenere tecnicamente e finanziariamente il perseguimento di una crescita a basse emissioni da parte dei Paesi in via di sviluppo. Il prossimo ciclo di NDC, previsto per il 2025 con obiettivi al 2035, sarà un passaggio fondamentale allo scopo di condurre a un’ambizione climatica maggiore e a percorsi emissivi coerenti con le soglie dell’Accordo di Parigi, anche tenuto conto di quanto emerge dal primo Global Stocktake (Bilancio Globale) in occasione della COP28.
Il rapporto UNEP infine mette in guardia rispetto al fatto che ulteriori ritardi nella mitigazione delle emissioni di gas serra implicheranno una maggior dipendenza in futuro dalle soluzioni per la rimozione dell’anidride carbonica atmosferica, come le soluzioni basate sulla natura (ad esempio la riforestazione e la gestione forestale) o le tecnologie innovative di cattura e stoccaggio, e dai loro limiti e criticità.