Consumo di suolo in Trentino: morte accidentale di un paesaggio

Quando in Italia e in Europa si parla della regionenTrentino si è spesso portati a pensare a vallate verdi, laghincristallini e alte montagne, ambienti incontaminati dove la presenzanumana è in assoluta armonia con la natura.

Alcuni dati, però, ci dicono che la situazione non è esattamente questa. C’è un fenomeno, in particolare, che sta minacciando la regione e il nostro amato paesaggio: il consumo di suolo.

Cerchiamo innanzitutto di capire perché si parla sempre di più di questo fenomeno è perché è indispensabile proteggere questa risorsa. Il suolo è una risorsa finita ed è fondamentale per gran parte delle attività umane. Proviamo a pensare ad esempio alla produzione agricola, alla mitigazione di alluvioni enaltri fenomeni idrogeologici, alla conservazione della biodiversitànfino ad arrivare alle funzioni culturali paesaggistiche. Una volta “consumato”, ovvero impermeabilizzato, coperto da cemento, il suolo è perso. Per sempre. Niente più agricoltura, niente più biodiversità, niente più servizi. Per riavere le stesse proprietà sarebbe necessario aspettare centinaia, se non migliaia, di anni.

Secondo l’ISPRA (l’Istituto Superiore per lanProtezione e la Ricerca Ambientale), in Italia ogni anno si consumanon55 ettari di suolo al giorno. In altre parole, perdiamo in maniera irreversibile 7 m quadri al secondo del nostro territorio.

I dati riguardanti la regione Trentino non sembrano particolarmente allarmanti ad un primo sguardo. Parliamo infatti di un dato assoluto che registra circa un 3% di suolo consumato rispetto ad una media nazionale che si aggira attorno al 7%. Ma il dato assoluto non ci aiuta molto a capire la situazione reale della nostra regione. Per farlo infatti dobbiamo considerare il dato di consumo di suolo “effettivo”.

Uno sguardo più approfondito sui dati

Dai dati raccolti negli ultimi anni è emerso che il fenomeno del consumo di suolo insiste maggiormente sulle zone pianeggianti e di bassa collina (ISPRA, 2015). Tutte le altre zone,aree a quota maggiore di 600 metri e aree con pendenza elevata, risultano naturalmente protette da questa minaccia, a causa della loro conformazione e/ondell’altitudine. La percentuale del consumo di suolo effettivo è relativa quindi non alla superficie totale di una regione bensì solo alla superficie su cui è effettivamente possibile costruire.

Ed e proprio considerando questo dato che lanposizione in classifica del Trentino cambia nettamente. Si passaninfatti da un 3% ad un 19% di territorio consumato, risultando cosìnla quarta regione dove si è consumato più suolo disponibile,nseconda solo a Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia. In altre parolenrisultiamo sempre virtuosi nelle classifiche nazionali perché ilndato considerato non è relativo alla superficie reale potenzialmentenedificabile, ma alla superficie intera del Trentino, compresenmontagne, laghi, aree ad elevata pendenza etc.

nUn’altra osservazione la fa l’Osservatorio delnPaesaggio Trentino, che nel 2015 ha stilato il “Rapporto sullonstato del paesaggio”, facendo emergere dati decisamenteninteressanti riguardo i nostri “comportamenti costruttivi”. Tranquelli più impressionanti troviamo un aumento della “superficienedificata”, dal 1960 al 2004, del 190%na fronte di un aumento del solo 20%ndella popolazione. In altre parole 320 mq ad abitante. È chiaro che,nvisti i dati, molta di questa superficie è stata destinata allancostruzione di seconde case e strutture ricettive legate al turismonmontano. Ma erano davvero tutte necessarie?

Il danno paesaggistico: non solo suolo

Una nota particolare va al fenomeno in territorionmontano. Una ferita che va oltre ai danni fisici del consumo dinsuolo. Basti pensare alle famose torri del Passo del Tonale, al ClubnValtur di Marileva o a Primiero. Territori violentati e deturpati innnome di uno sviluppo economico legato al turismo, che hanno portatonoltre al danno anche la beffa visto che molte di queste strutturenrisultano dopo anni sfitte, sotto utilizzate o addirittura chiuse.

Con la divulgazione di questi dati non si staninneggiando ad uno fanatico conservazionismo della natura. Si cercanpiuttosto di far riflettere sull’uso che se ne è fatto finora, ensul rapporto che si è avuto con essa. Ugo Morelli, presidente delnComitato Scientifico della Scuola per il Governo del Territorio e delnPaesaggio (STEP) di Trento, sostiene che sia necessario smettere dinpensare la il paesaggio come una risorsa da vendere e che sia invecenurgente riconcepirlo come spazio da vivere.nUno spazio inevitabilmente legato anche alla nostra identità e chennecessita di un cambio di prospettiva che non consideri il paesaggioncome “qualcosa” là fuori, ma che lo veda come parte integrantendella nostra vita, delle nostre abitudini e quindi anche delle nostrenpianificazioni.