I principali risultati della COP20 di Lima

I lavori della COP20 di Lima si sono chiusi con l’approvazione del “Lima Call for Climate Action” un documento che esprime di fatto un appello sulle azioni da intraprendere e traccia le tappe dei prossimi mesi in vista dell’obbiettivo già prefissato di approvare definitivamente un nuovo accordo sul clima a Parigi in occasione della Conferenza del 2015 (COP 21) che tuttavia entrerà in vigore solo a partire dal 2020.

Un timido passo avanti per molti commentatori, troppo poco e poco coraggioso per tanti altri. Le ragioni sono probabilmente da entrambe le parti. Di positivo c’è la consapevolezza da parte di tutti i Paesi della necessità e convenienza di giungere ad un accordo sul clima nonostante siano ancora forti le divergenze riscontrate anche durante la conferenza di Lima. Dall’altra parte viene criticata la lentezza di un processo che rimanda ogni possibile azione concreta rivolta a tagliare le emissioni dei gas serra restando pressoché indifferente agli appelli del mondo scientifico sull’urgenza di agire per limitare gli impatti dei cambiamenti climatici attesi.

L’obiettivo finale dovrebbe essere quello di contenere il riscaldamento globale entro i 2°C rispetto all’epoca pre-industriale che consentirebbe di limitare le sue conseguenze in termini di impatti sul pianeta. Tale obiettivo implicherebbe necessariamente di contenere le concentrazioni di gas serra entro limiti stimati e quindi di stabilire una riduzione delle emissioni di gas serra che dovrebbe vedere un impegno differenziato dei singoli Stati in quote di riduzione che vanno negoziate e che sono attualmente all’origine degli attriti tra Stati con interessi diversi.

Molto forte è apparsa inoltre la critica della società civile che pur presente a Lima con una folta rappresentanza di associazioni, organizzazione non governative e movimenti, è stata poco ascoltata. I principi di solidarietà, giustizia ed equità sono rimasti infatti ai margini delle discussioni più importanti.

La realtà è che il documento finale di Lima non prende una posizione sulle decisioni più difficili per Parigi: non è stata innanzitutto decisa la forma legale per l’accordo 2015. Questioni essenziali come Loss and Damage, finanza, nonchè il contenuto e la natura degli impegni di mitigazione, sono stati relegati alla decisione del prossimo anno.

Ma vediamo in sintesi quali sono i principali elementi emersi nel documento conclusivo di Lima:

1 – Su forte domanda dei Paesi in via di sviluppo è stato incluso nel testo il principio secondo il quale sia i Paesi sviluppati che i Paesi in via di sviluppo hanno la responsabilità comune di agire per ridurre le emissioni dei gas serra, ma considerando le rispettive diverse capacità finanziarie e infrastrutturali. Nonostante ciò i paesi sviluppati e l’UE non hanno accettato una differenziazione su base storica, poiché la quantità di emissioni di paesi come la Cina ha reso inadeguata l’applicazione di questo criterio.

2 – Al fine di trovare una soluzione allo stallo delle trattative su come procedere alla definizione degli impegni di riduzione dei gas serra è stato introdotto un approccio che invece di stabilire un target globale e definire, a cascata, gli impegni di riduzione dei singoli Paesi, prevede di chiedere ai singoli Stati di proporre volontariamente i propri Piani per la riduzione delle emissioni di gas serra, per poi considerarli tutti insieme e capire a livello mondiale quale gap rimanga da colmare per centrare l’obiettivo globale. Il documento di Lima ribadisce pertanto l’invito a tutte le Parti a comunicare i rispettivi obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni (Intended Nationally Determined Contributions INDCs) entro la fine del mese di marzo 2015, al fine di favorire “la chiarezza, la trasparenza e la comprensione”. Le informazioni fornite possono includere informazioni quantificabili, come tempi e/o periodi di attuazione, la portata e la copertura, i processi di pianificazione, i presupposti e gli approcci metodologici, compresi quelli per la stima e la contabilizzazione delle emissioni di gas serra di origine antropica. Tali obiettivi saranno pubblicati sul sito del Segretariato delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico (UNFCCC) che preparerà entro il 1 novembre 2015 una relazione di sintesi sull’effetto complessivo dei piani comunicati dalle P

3 – Nel documento è stato inserito come allegato un testo che contiene gli elementi considerati di riferimento per la formulazione di una prima bozza del trattato da negoziare alla COP21 di Parigi. Tale prima bozza sarà resa pubblica entro il mese di maggio 2015.

4 – È stato menzionato nel paragrafo preliminare il meccanismo stabilito a Varsavia nel 2013 del “Loss and Damage”, fondamentale per proteggere i paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dei cambiamenti climatici al fine di ricevere compensazioni Tuttavia questa menzione ha pochissima forza legale poiché non è contenuto nel testo operativo bensì nel preambolo.

5 – Il documento esorta i paesi sviluppati a fornire e mobilitare maggiore sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo per ambiziose azioni di mitigazione e di adattamento. Le risorse raccolte nel cosiddetto Fondo verde per il clima (“Green Climate Fund”), stabilito a Copenhagen nel 2009, per aiutare i paesi poveri a tagliare le loro emissioni di gas serra e ad adattarsi al cambiamento climatico, hanno già superato i 10 miliardi di dollari. La discussione è sembrata tuttavia focalizzata più sul problema dell’entità delle risorse da impegnare che sulle modalità di un loro utilizzo efficace.

Un percorso quindi che appare ancora molto lungo e difficile per arrivare a raggiungere un accordo vincolante a Parigi ma che tuttavia sembra possibile per il fatto che tutti hanno ormai chiaro che un accordo sul clima sia indispensabile.