Un Atlante come strumento di Pace

La chiesetta di Sant’Osvaldo riposa in uno degli angoli più suggestivi di Rovereto: vicino al Ponte Forbato, alla Casa dei Mori, in una via che ricorda ancora il passato industrioso e industriale della città. La sera del 2 agosto, mentre un temporale improvviso sorprende tutti, le porte del tempio sono aperte. Dentro, una comunità di curiosi si è riunita per ascoltare l’omelia laica “Informare per battere l’indifferenza” di Barbara Schiavulli, Alberto Faustini e Raffaele Crocco. I tre giornalisti si sono incontrati per parlare di un tema importante quanto complesso: la necessità di creare e diffondere un’informazione onesta, affinché le persone diventino coscienti della realtà in cui vivono e soprattutto dei conflitti che l’attraversano. Solo così, ogni individuo può assumersi quella responsabilità di cittadinanza attiva e reattiva che fonda la democrazia e i sistemi di pace. Solo così, la stupidità e l’inutilità della guerra possono essere dimostrate, comprese e contrastate.
Raccontare la guerra per cancellarla è un punto su cui Schiavulli e Crocco concordano. I due giornalisti sono testimoni diretti dell’orrore di qualsiasi conflitto: entrambi corrispondenti di guerra (o di pace, se la si vuole vedere nella giusta prospettiva), la prima è anche direttrice di Radio Bullets mentre il secondo è giornalista RAI e collaboratore – tra gli altri progetti – di PeaceReporter. In Sant’Osvaldo, confrontano esperienze e riflessioni legate al tema dell’evento, in un dialogo che è un turbinio di idee e immagini in cui Faustini (direttore del Trentino e dell’Alto Adige) mette ordine. Emerge una verità assoluta: la guerra puzza, urla, tace, piange, sanguina, brucia, ruba, stupra, cancella, travolge e sconvolge. La guerra è brutta, orrenda, tragica.
Soprattutto, la guerra è incomprensibile. In un doppio senso. Da un lato, è prevenibile mettendo in atto una serie meccanismi economici, politici, sociali e culturali che già l’umanità possiede e utilizza: la sua esistenza è quindi insensata. Dall’altra, la sua narrazione è lacunosa o addirittura assente: il grande pubblico non ne capisce l’inutilità, non percepisce la sua evitabilità. Da qui, appunti, il bisogno di parlarne in modo corretto e onesto. Da qui, la ragione di eventi come “Informare per battere l’indifferenza” e di strumenti con l’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo​.
L’incontro roveretano è stato organizzato proprio in occasione dell’uscita dell’ottava edizione di questa imponente impresa editoriale, di cui Crocco è direttore responsabile. Seduti al tavolo di un bar, due giorni dopo l’incontro in Sant’Osvaldo, il giornalista ribadisce ancora che l’Atlante è un mezzo di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza all’evitabilità della guerra​. Mi spiega che è solo la forma più conosciuta di un progetto culturale che persegue quell’obiettivo attraverso tutte le forme di comunicazione ed educazione a cui riesce a pensare: otto mostre in dieci anni (di cui una ancora in corso a Riva del Garda, No War – No Peace), un sito con le relative pagine social, uno spettacolo teatrale ancora itinerante, due film e centinaia di incontri nelle scuole e nelle università. E ancora altri media in fase di strutturazione: radio, incontri pubblici con i cittadini, … Tutti con lo stesso obiettivo: rendere evidente che i conflitti esistono ma possono e devono finire.
Riportando il discorso sull’Atlante, Crocco sottolinea tre differenze tra la nuova edizione e la precedente. Due nutriti approfondimenti fotografici sostituiscono gli approfondimenti tematici, per offrire ai lettori qualcosa di nuovo. Le infografiche sono dentro il volume, sulle sue pagine. Le schede-conflitto tornano ad essere la modalità di spiegazione dei conflitti. L’ottavo Atlante eredita però dal suo predecessore un concetto di “guerra” ripensato, ristrutturato. Con la settima edizione, infatti, la redazione mette per iscritto che la guerra, sia essa lo scontro tra Stati oppure tra fazioni o ancora un equilibrio mantenuto da forze armate, è un effetto più che una causa. I conflitti sono il prodotto di sbilanciamenti nella società globale o all’interno delle comunità nazionali: sono i risultati della distribuzione disarmonica delle risorse, della mancanza di diritti, dell’impossibilità di trovare lavoro, del negato accesso all’acqua alla sanità all’istruzione, del collasso della democrazia. Esattamente da questo concetto – la guerra come effetto – ha inizio un’intensa chiacchierata con Raffaele Crocco, per capire l’Atlante, ciò di cui parla e ciò che dice. Condivideremo con voi questa intervista presto, in una seconda puntata.