La COP si confronta con le nuove generazioni

Con il violino degli Earth in Brackets si apre il side event sul “Confronto intergenerazionale”, uno dei dibattiti principali della giornata dedicata alla Gioventù e alle Future generazioni della COP20, in cui da ormai sette anni viene dato spazio alle aspirazioni e alle posizioni dei giovani di tutto il mondo. I giovani di oggi infatti non soltanto sono i futuri eredi di tutte le risorse naturali ed energetiche del pianeta: ne costituiscono anche un terzo degli attuali abitanti. E’ doveroso quindi che occupino uno spazio durante le negoziazioni.

Spazio che è servito innanzitutto per presentare i risultati dell’enorme lavoro sviluppato nella Conferenza della Gioventù (COY10) che si è svolta a Lima tre giorni prima dell’apertura della COP20 nel campus universitario de La Molina, poco distante dal Pentagonito, sede di questa Conferenza delle Parti.

La COY10 è stata possibile grazie agli sforzi di più di 80 giovani peruviani, che in maniera del tutto volontaria e spesso senza nessuna esperienza precedente di organizzazione di eventi di questo tipo, hanno gestito e coordinato conferenze e dibattiti per un migliaio di giovani provenienti da tutto il globo che hanno ascoltato le voci di un centinaio di esperti tra cui ricercatori, attivisti, diplomatici e rappresentanti delle Ong.

Il risultato ultimo di questo lungo lavoro è stata la Dichiarazione della Gioventù, un documento in quattordici punti che esprime dettagliatamente la posizione dei giovani sulle misure in discussione alla COP20. Da principi di equità intergenerazionale e giustizia sociale a misure concrete come REED+ e CDM, i giovani di tutto il mondo hanno votato in una plenaria le proprie posizioni comuni. “La lingua – n.b. molte persone in America Latina non parlano inglese – finalmente non è stata più una barriera, come lo era 10 anni fa quando abbiamo cominciato” ha sottolineato una delle relatrici “A Rio noi giovani sudamericani ci rendevamo conto di essere molto meno preparati di quelli provenienti da Europa, Australia e Stati Uniti e non parlare inglese era anche una maniera di segregarci. Ora finalmente possiamo combattere una battaglia comune, chiedere di partecipare direttamente e aumentare il nostro potere di dialogo”.

Raquel Rosenberg di Engajamundo (Brasile) sottolinea: “Non ci sentiamo negoziatori, nè vogliamo esserlo: vogliamo che capiscano che è a rischio la nostra esistenza e quella dei loro figli”. Un applauso improvviso si è sollevato dal pubblico quando Raquel ha espresso con emozione il suo pensiero: “Le negoziazioni sul clima non sono un business, non devono esserlo. Questa gente sta trasformando le parole in armi e le sta usando per combattere una Guerra dell’energia. Ma le nostre vite non sono in vendita”.

Durante la conferenza sono stati anche annunciati i tre punti fondamentali della prossima COY, quella di Parigi, dove i risultati delle negoziazioni saranno definitivi per il futuro del mondo: solidarietà tra nazionalità diverse, inclusione e solidarietà intergenerazionale, quest’ultima necessaria per raggiungere un cambiamento radicale subito, per il quale è indispensabile tendere la mano ai delegati attuali.

Nell’ultima parte dell’incontro era previsto l’intervento dei giovani indigeni, che sfortunatamente non sono riusciti a parlare per ragioni di tempo: speriamo non sia un segno dei tempi.