Le Scuole Changemaker italiane: Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico – UWC – Duino

L’Agenzia di Stampa Giovanile, in collaborazione con Tempora Onlus e Ashoka Italia vi presenta “Le Scuole Changemaker italiane”, un viaggio nelle scuole più innovative d’Italia che vi presenterà i 5 istituti che entrano ufficialmente a far parte della rete globale delle Changemaker Schools. Le 5 scuole sono state presentate al pubblico il 16 settembre, a BASE Milano, in occasione dell’evento “Riparte la Scuola, riparte l’Italia”, organizzato da Ashoka Italia con il sostegno della Fondazione San Zeno e della Fondazione Cariplo.
«Avere una mente aperta non significa solo rispettare le diversità ma accettare pure chi ha un’opinione opposta alla tua o addirittura contro la morale comune, anche in maniera ignorante e coercitiva ». Accettare il prossimo sempre e comunque. La base per un confronto costruttivo. Questa, è la migliore lezione di vita che Nada ha appreso da quando è entrata nel Collegio del Mondo Unito (UWC), una scuola particolarmente innovativa  che oggi vogliamo presentarvi attraverso le parole sue e di altri due coetanei che studiano con lei e che abbiamo intervistato.
Nada, è una ragazza italo-marocchina, Josè viene dall’Argentina e Leone dal Belgio.
Tutti e tre hanno diciotto anni e frequentano il secondo anno del Collegio del Mondo Unito con sede a Duino. Una scuola che permette a giovani meritevoli, di provenienza internazionale, di formarsi in un ambiente multiculturale ricco di stimoli, grazie ad un piano formativo di elevata qualità didattica e ad attività che incoraggiano valori come la solidarietà e la tolleranza. Nello specifico si tratta di una rete di scuole internazionali legalmente riconosciute, distribuite su diciassette sedi in quattro continenti, che offrono agli studenti iscritti un percorso che copre sia l’ambito curricolare che quello extra-curricolare.
I corsi hanno una durata complessiva di due anni, corrispondenti al quarto e quinto anno di scuola superiore, al termine dei quali viene rilasciato un diploma di Baccellierato internazionale, attestato riconosciuto in tutte le università del mondo. Quando li abbiamo sentiti la prima volta era fine agosto ma per loro la campanella era suonata già da un bel pezzo.Inizialmente ci siamo chiesti come fossero venuti a conoscenza di questa rete di scuole. Leone e Josè ne hanno sentito parlare da amici mentre Nada, alla ricerca di un’opportunità di mobilità all’estero, ha scoperto il programma UWC su internet. Tutti e tre mossi dal comune desiderio vivere un’esperienza formativa e di vita in un paese diverso dal proprio, che desse risalto ai valori dell’inclusione e della considerazione degli altri.
Uno dei primi passi per accedervi è abbracciare il motto che sta alla base di questo movimento, ovvero ” fare dell’istruzione una forza per unire i popoli, le nazioni e le culture perseguendo la pace e un futuro sostenibile”. Le selezioni sono effettuate dalle commissioni nazionali che operano nei vari paesi e può presentare domanda chiunque. Si accede non per censo, ma per merito e vengono scelti democraticamente studenti che dimostrino, oltre al rendimento scolastico, un profilo curioso rispetto le altre culture, con voglia di fare e che condividano i valori che animano il movimento. Il criterio di selezione tenuto dalle commissioni premia in particolare ragazzi motivati ad aprirsi verso il mondo: ci spiega Nada, infatti, che una delle prime domande che le hanno rivolto è stata quella di raccontare un problema di attualità che le interessasse particolarmente. Ragazzi che quindi si interessano di attualità e hanno o stanno sviluppando una certa capacità critica. Come detto il prerequisito scolastico è un dato rilevante, ma non fondamentale. Il percorso scolastico è finanziato da borse di studio erogate da altre commissioni, istituti ed enti no profit ricercati dalle stesse commissioni nazionali . Dal punto di vista didattico tratto sicuramente distintivo dei collegi UWC è l’attenzione prestata all’aspetto pratico-esperienziale dell’educazione.
Abbiamo chiesto ai tre ragazzi di raccontarci la loro scuola e la loro giornata tipo. Leone ci spiega che le prime lezioni hanno inizio alle otto e solitamente durano fino all’una, poi si pranza tutti assieme in mensa.A fronte del magro bagaglio linguistico che le scuole tradizionali offrono, qui l’inglese fa da veicolo tra studenti e professori, i quali, coerentemente con lo spirito multiculturale del collegio, provengono anche loro dalle più svariate parti del mondo. Il campus sorge nella piccola cittadina di Duino, ma le lezioni non si esauriscono all’interno delle mura scolastiche.  Il lavoro di gruppo e l’apprendimento fuori dalla classe sono fondamentali e per questo gli studenti sono tenuti a seguire almeno tre attività a scelta, oltre alle materie curricolari, impegnandosi nel volontariato, in un’attività fisica ed una artistica. Queste materie extra accademiche si svolgono tendenzialmente nel pomeriggio e portano i ragazzi ad uscire dal campus e a spostarsi, soprattutto per il volontariato, nel paese ma anche nelle cittadine vicine di Monfalcone e Trieste.
I ragazzi ci sottolineano che  queste attività vengono prese molto seriamente e non si tratta solo di qualche ora di servizio sociale ma devono impegnarsi per i due anni avvenire , settimanalmente, in un servizio che sensibilizza l’attenzione nei confronti del prossimo. Tutto ciò ha un impatto reale sulla comunità duinese per la quale questi ragazzi rappresentano forza lavoro e un supporto alle associazioni del territorio. Ecco quindi un’altra lezione di cui fare tesoro: non conta il “quanto” stai a scuola ma il “cosa” si apprende. A questo punto abbiamo chiesto ai nostri protagonisti cosa stimino di più di questo collegio e le loro risposte sono state sincere e davvero belle. Josè dice di aver apprezzato molto l’autonomia decisionale degli studenti e le iniziative che sono riusciti a lanciare, come per esempio una raccolta di fondi per borse di studio da erogare nei paesi più poveri. Il valore più importante da lui appreso è stato la possibilità di praticare l’empatia con i suoi compagni. Ci spiega che: «se noi per esempio apprendiamo dal Tg notizie sulla guerra in Siria, non abbiamo la possibilità di comprendere appieno i problemi che una questione tanto urgente può porre come se ascoltassimo il racconto di un nostro compagno proveniente da quei luoghi ». Per Josè la scuola è anche il luogo dove puoi vedere attraverso gli occhi degli altri e confrontarti in modo costruttivo. Anche Nada e Leone amano lo scambio culturale e di questa scuola apprezzano le opportunità che a tal proposito vengono offerte. « Grazie a questo confronto multiculturale non ci si dimentica che esistono altri paesi con culture e persone molto diverse dagli stereotipi che ci vengono proposti, si prende coscienza dei diversi codici comportamentali e si comprende che le scelte apparentemente obbligate non lo sono affatto».
Step ormai obbligatorio nel corso della nostra inchiesta è comprendere cosa può essere replicato nella scuola tradizionale a partire dal modello offerto dagli istituti selezionati. Ancora una volta il confronto con questi studenti si rivela lungimirante sotto certi punti di vista, perché come afferma Josè « è più costoso avere un sistema educativo inefficiente, che crea individui conformati e irrispettosi delle diversità». E’ allora il caso di capire che forse sarebbe meglio spendere risorse ed energie in un cambio di mentalità, in un’apertura globale della scuola piuttosto che nell’opulenza delle strutture. Per Nada un secondo punto da metabolizzare riguarda il sistema educativo che dovrebbe permettere agli individui di valorizzare le proprie capacità e le proprie inclinazioni anziché standardizzare l’insegnamento come troppo spesso si fa. Nada avverte inoltre l’esigenza di fare “sistema”, di coinvolgere gli studenti nel proprio percorso educativo dando risalto alle iniziative e le scelte personali.
Quindi ricapitolando: contatto con una realtà multiculturale, sviluppo delle competenze creative, responsabilizzazione dei giovani tramite il lavoro e il confronto con la comunità educante, costruzione di una coscienza critica e una libertà di pensiero. Sono alcuni dei suggerimenti che oggi abbiamo appreso e che tracciano una geometria dotata di senso per il nostro sistema educativo e un programma strategico che potrebbe portare a compiere quella capriola culturale che la scuola italiana da anni si propone di fare. Per concludere, è difficile dire quale debba essere esattamente l’impatto della scuola sui ragazzi, ci siamo chiesti però quale fosse quello che i Collegi UWC hanno sui loro studenti e la risposta l’abbiamo capita quando abbiamo rivolto l’ultima domanda a Nada, Leone e Josè, ovvero cosa volessero fare in futuro. Ecco le loro risposte: Josè vorrebbe studiare cinematografia oppure prendersi un anno da dedicare al volontariato prima di accedere all’università, Nada ambisce a un duplice percorso nella filosofia e nella medicina, materie che vorrebbe coniugare nella professione di psichiatra, Leone infine ha una passione per le lingue antiche e vorrebbe studiarle in Belgio o in Italia. Forse allora ciò che questa scuola ti lascia è una certa attitudine al rischio, al mettersi in gioco e al seguire le proprie vocazioni anche in percorsi non scontati e comuni. Quando parlavamo con i ragazzi e anche adesso, mentre scrivo, continuo a ripensare a questo nome e al suo significato “Collegio del Mondo Unito”… la sensazione è quella di aver compiuto un viaggio in una sorta di Onu in scala ridotta, a Duino, al confine tra Italia e Slovenia un crocevia culturale. Una fucina di idee e proposte per il futuro nell’arcipelago educativo.
Convinti anche noi che il programma Scuole Changemaker possa costituire davvero un trampolino per realizzare una buona, anzi ottima scuola, v’invitiamo a scommetterci!