Colmare il vuoto di Trump: La leadership degli Stati americani

Nonostante la politica (o non-politica) climatica dell’amministrazione Trump, gli Stati Uniti sono determinati a raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, ma come ci riusciranno?
In risposta ai passi indietro della Casa Bianca, la situazione è stata presa in mano dalla U.S. Climate Alliance, una coalizione bipartisan formatasi nel giugno del 2017 e composta da quindici governatori degli Stati Uniti che si sono impegnati a:
– sviluppare politiche per la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno 26-28% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2025- presenziare alle negoziazioni per riportare alla comunità internazionale i progressi raggiunti- adottare politiche di promozione dell’energia rinnovabile e di riduzione dell’inquinamento da carbone a livello locale e federale. Ieri alcuni governatori (Jerry Brown (California) , J. Inslee (Washington), K. Brown (Oregon), T. McAuliffe (Virginia), A. Schwarzenegger (ex governatore della California)) si sono riuniti alla Bonn Zone per illustrare le loro idee e noi abbiamo colto l’occasione per cercare di capire il loro programma.
“Non è rilevante se si è Repubblicani o Democratici, marciamo tutti nella stessa direzione, non è una questione politica, ma un problema che riguarda le persone” ha detto Schwarzenegger congratulandosi con J. Brown, suo successore di appartenenza politica opposta.

Il pensiero di fondo è che, nonostante la chiusura del governo centrale, gli Stati federati hanno ampi spazi di autonomia regolamentare e di potere che verranno sfruttati per perseguire politiche climatiche in linea con l’orientamento della comunità internazionale. Come ha affermato Jerry Brown “Trump è solo una piccola parte del problema e non importa che cosa fa, noi dobbiamo fare la nostra parte”.

Esempio concreto del ruolo propulsivo di questi soggetti subnazionali è stato l’annuncio di un innovativo accordo tra Canada, Messico e la U.S. Climate Alliance per la creazione della “North American Climate Leadership Dialogue”, espressione dell’impegno collettivo nella battaglia contro il cambiamento climatico e nel favorire la crescita green attraverso il Nord America.
D’altronde negli speakers è apparsa chiara la consapevolezza che il cambiamento climatico è anche un’opportunità economica: non si può più immaginare uno sviluppo economico senza tutela dell’ambiente e viceversa. E questo spiega anche l’impegno assunto per fornire sostegno economico e trasferimento di conoscenze a favore delle realtà meno sviluppate poiché “l’inquinamento non conosce confini” come ricordato da C. Ballard, Ministro dell’Ambiente dell’Ontario.

Sembra dunque che esistano strade alternative e che si stia procedendo con grande determinazione ed entusiasmo al suono di “Trump Can’t Stop Us”.

Ma questo non è stato l’unico motto scandito durante la giornata; proprio un evento statunitense dedicato alle fonti fossili e all’energia nucleare è stato l’occasione per un’azione dimostrativa di gruppi di giovani e popolazioni indigene per rivendicare l’insufficienza delle politiche climatiche americane.
 Gli Stati Uniti riusciranno davvero a non rimanere un passo indietro?