Il rapporto Draghi è una speranza per l’Europa? 

Nel settembre 2023, l’attuale Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, ha incaricato Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, di stilare un rapporto sul futuro della competitività dell’Unione Europea. Ora, un anno dopo, il rapporto è stato presentato alla Commissione e contiene del potenziale da non sottovalutare. 

Di Gloria Malerba

Mentor: Ilaria Bionda

“Futuro”, “crescita”, “produttività” sono parole che difficilmente riescono ad essere associate all’Unione Europea. In essa, negli ultimi anni, ci siamo ritrovati di fronte ad un’imperante diffusione dell’euroscetticismo e, di conseguenza, ad un rapido declino del sogno europeo. Eppure, c’è chi ancora crede in questo sogno. Per i fedeli rimasti, il rapporto sul futuro dell’Unione Europea presentato recentemente da Mario Draghi potrebbe costituire un significativo punto di ripartenza. 

La struttura del rapporto sull’Unione Europea

Articolato in due parti (la Parte A, in cui si presenta la nuova strategia competitiva per l’Europa, e la Parte B, in cui vi è un’analisi più dettagliata delle riforme da attuare), il rapporto conta 170 proposte a livello generale, declinate poi in varie sottoproposte. Un gruppo di economisti e ricercatori ha raccolto le sfide più importanti per l’economia europea, cercando, in circa 400 pagine, di rispondervi. 

Tre sono le macroaree su cui si vuole intervenire:

  • ’l’innovazione, in modo da colmare il divario creatosi con gli Stati Uniti e la Cina, soprattutto riguardo il settore dell’alta tecnologia;
  • la decarbonizzazione, in sintonia con gli obiettivi climatici dell’Unione;
  • la sicurezza, in particolare quella degli approvvigionamenti, in modo da ridurre le dipendenze dall’esterno.

Come finanziarlo

Per finanziare le richieste è stato stimato che saranno necessari investimenti annuali fino a 800 miliardi di euro (circa il 4,5% del PIL dell’Unione). In effetti, Mario Draghi ha paragonato il progetto al Piano Marshall, una serie di investimenti con cui gli Stati Uniti finanziarono la ricostruzione dei paesi europei nel secondo dopoguerra. 

I finanziamenti dovrebbero essere attuati tramite investimenti privati, ma anche e soprattutto tramite strumenti di debito comune tra gli Stati europei. Si tratta di prestiti a basso interesse che l’Unione Europea ottiene da Stati o investitori privati per finanziare iniziative comuni. 

Questo è un tema da sempre divisivo all’interno dell’Unione, in particolare tra gli Stati economicamente più forti, che non vogliono condividere il debito e, quindi, il peso degli interessi. Di fatto, alcuni Paesi europei si sono già espressi contrariamente. Tra essi troviamo il ministro delle finanze tedesco Christian Linder, che ha affermato la sua ferma opposizione al piano, dichiarando che questo potrebbe minare la sovranità fiscale dei singoli Stati membri. 

Perché è importante

Si tratta di un progetto strutturato che presenta una nuova visione per l’Unione e che vuole ridonarle vita. Il cambiamento deve essere “urgente e concreto”, secondo quanto detto da Draghi. Le sfide che l’Europa si trova ad affrontare diventano di anno in anno più insidiose ed è per questo che una risposta comune è ormai necessaria. 

Fondamentale sarà implementare la crescita e la produttività dell’Europa, perché solo in questo modo l’Unione potrà continuare a garantire il rispetto dei valori su cui è costruita. Solo in un ambiente di prosperità, principi quali l’uguaglianza, la pace, la democrazia possono essere garantiti. 

In esso vi è una sostanziale modifica della struttura economica e sociale dell’Unione. La proposta è adottare un approccio europeo in diversi settori che fino a questo momento sono stati gestiti dai governi nazionali, attenti ai propri interessi e necessità. 

Conclusioni

Purtroppo, mettere in pratica il piano sarà difficile. Oltre al già accennato problema finanziario, gli Stati europei sono da sempre restii a cedere pezzi della propria sovranità all’Unione, soprattutto in settori in cui tradizionalmente questa ha avuto poche o nulle competenze, come la difesa e la politica industriale.  

Quindi, sì, il rapporto Draghi è una speranza per l’Europa, ma solo se gli Stati membri saranno disposti a metterlo in pratica. In caso contrario, avverte il presidente, “una lunga agonia” ci aspetta, sia a livello internazionale che per la tenuta dello stato sociale all’interno dell’Unione.

Per saperne di più sull’Unione Europea

Per approfondire le questioni legate all’Unione Europea vi invitiamo a leggere gli articoli: Qual è il futuro dell’Unione Europea? e Unione Europea: comunicazione e (dis)informazione.