Il potere di referall è conferito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dallo Statuto di Roma che regola la Corte Penale Internazionale

Tra giustizia e politica: il meccanismo del “referral”

Il potere di referral conferito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU dallo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale evidenzia la disparità tra chi detiene il diritto di veto e chi no. In questo articolo Sofia Bianchi ci spiega il funzionamento della Corte Penale Internazionale, le sue criticità e i pro e i contro del referral.

di Sofia Bianchi, articolista di Agenzia di Stampa Giovanile

L’istituzione della Corte Penale Internazionale attraverso l’adozione dello Statuto di Roma è il culmine di una traiettoria evolutiva della giustizia internazionale, riconducibile a Norimberga e Tokyo a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. La Corte Penale Internazionale è la prima giurisdizione competente a giudicare individui responsabili dei più gravi crimini di rilevanza internazionale.

Istituita all’Aja nel 2002, è chiamata a perseguire il crimine di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione.

Il successo numerico dimostrato durante la conferenza di Roma del 1998 venne destabilizzato dal fatto che alcune tra le maggiori potenze economiche e politiche mondiali si opposero all’istituzione della Corte. Tra queste c’erano Stati Uniti, Russia, Cina e India, che continuano ad essere “Stati non parte”.

Essere uno “Stato non parte” significa condannare la Corte all’impossibilità di esercitare il proprio potere giurisdizionale su tale stato, a meno che una situazione non sia deferita alla Corte da un altro organo indipendente.

Si tratta del potere di referral conferito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Va da sé che i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza difficilmente avrebbero deferito una situazione alla Corte relativa ai loro stati.

La mancata ratifica dello Statuto da parte delle grandi potenze non solo rappresentava un fallimento per chi sosteneva l’importanza di istituire un tribunale internazionale efficace, ma avrebbe inoltre circoscritto la giurisdizione soltanto nei confronti di determinati paesi, tra cui i più poveri (il gruppo più numeroso di stati era quello africano).

Lo Statuto raggiunse le 60 ratifiche richieste ed entrò in vigore nel 2002, attribuendo però al supporto degli Stati un valore inestimabile ed evidenziando la necessità di un’adesione consistente.

La Corte Penale Internazionale è chiamata a perseguire il crimine di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione. L’esistenza di una minaccia alla pace, violazione alla pace o un atto di aggressione fanno presupporre l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La sua azione in questa prospettiva viene ricondotta al Capitolo VII della Carta ONU.

Il Consiglio di Sicurezza è l’organo delle Nazioni Unite che ha la responsabilità principale in materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale (art.24 Carta ONU).

Inevitabilmente nasce una interazione tra il potere della Corte e il ruolo del Consiglio e la necessità di disciplinare le relazioni che intercorrono tra questi, essendo due organi di diversa natura, politica e giuridica. Questo è il ruolo dello Statuto di Roma, il quale regola le loro sfere di competenza, la loro salvaguardia, la loro autonomia, e la loro collaborazione al fine di perseguire due obiettivi fondamentali dell’ordinamento internazionale, la pace e la giustizia.

Lo Statuto di Roma conferendo al Consiglio di Sicurezza il potere di referral, permette l’attivazione della Corte attraverso il riferimento di una situazione da parte di un organo di natura politica al massimo rappresentante della sfera giuridica, il Procuratore della Corte. In pratica, la Corte si attiva soltanto in tre casi, quando uno degli Stati parte dello Statuto riferisce una situazione, quando il Procuratore si attiva proprio motu, oppure per l’intervento del Consiglio.

Si capisce bene quanto il potere di intervento del Consiglio attraverso il referral sia potente sulla domestic jurisdiction. Questo risolve la problematica che si crea nei confronti degli Stati non parte dello Statuto di Roma, in quanto anche il Consiglio può avviare quei meccanismi di repressione penale a livello internazionale propri della Corte Penale Internazionale.

Durante i lavori di preparazione dello Statuto, l’ipotesi di conferire il potere di referral al Consiglio non trovò consenso unanime. Chi era a favore sosteneva che fondare il sistema di repressione dei crimini internazionali soltanto sugli Stati interessati a farne parte poteva risultare pregiudizievole. Di conseguenza, sembrava più conveniente richiamare e coinvolgere l’azione del Consiglio al fine di dare una portata universale alla giurisdizione della Corte. Tuttavia, questa possibilità sollevava, e solleva ancora oggi, un’altra questione, ovvero la necessità di evidenziare le potenziali disparità che si creano tra gli Stati, tra chi detiene il diritto di veto e chi no.