America e Islam: una prospettiva che spaventa

Il mondo sta cambiando rapidamente.
L’elezione del presidente americano Donald Trump, insediatosi alla Casa Bianca il 20 gennaio scorso, è stato un evento epocale di rilevanza mondiale. Esso ha riscosso molte critiche e alimentato brusche proteste e opposizioni da parte degli stessi cittadini americani e del mondo intero. Trump è il nuovo volto di questa America diversa, più conservatrice e isolazionista rispetto all’America tanto conosciuta ed emulata. L’immagine di questa super potenza sta progressivamente sfumando verso un’ideale politico poco amato e poco sostenuto dai paesi democratici e dall’Europa in particolare.
Il neo presidente americano ha fin da subito manifestato ed espresso apertamente una certa tendenza a favorire e promuovere una linea politica conservatrice ed aggressiva. Questo atteggiamento si manifesta in modo evidente in politica estera, i cui obiettivi sono principalmente rivolti al mantenimento della sicurezza interna e alla tutela della difesa attraverso il rafforzamento e la chiusura delle frontiere. Gli esempi più lampanti e rappresentativi di tale politica sono i due provvedimenti firmati dal Presidente Trump il 25 e il 27 gennaio di questo anno. Sintetizzando, tali decisioni prevedono: la costruzione (e il rafforzamento ) di un muro al confine con il Messico per “prevenire l’immigrazione illegale, il traffico di droga e di persone e gli atti di terrorismo”. In secondo luogo si è parlato del tanto discusso “muslim ban” ovvero la decisione di  sospendere per 120 giorni l’accoglienza di rifugiati sul territorio americano e limitare l’ingresso di cittadini musulmani provenienti da sette paesi a maggioranza islamica: Iran, Iraq, Libia, Siria, Sudan e Yemen. Tali contromisure, per la loro natura fortemente discriminatoria e antisociale, sono state largamente contrastate e criticate. Etichettate come manovre anticostituzionali e antidemocratiche, hanno trovato l’opposizione di molti cittadini che, offesi e indignati, hanno manifestato attivamente la loro posizione contraria e sfavorevole.
“La presidenza Trump sta manifestando tratti molto innovativi rispetto alla precedente presidenza Obama, prendendo palesemente le distanze su vari aspetti; sia a livello internazionale sia in politica estera e in politica interna nonché riguardo ad altri interventi sul piano dell’immigrazione e dell’assistenza sanitaria”. Queste sono le prime opinioni di Tosini Domenico, docente presso l’Ateneo di Trento nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale. Sicuramente tali posizioni radicali non vedranno un percorso lineare e pacifico, favorendone altresì la comparsa di tensioni e contrasti interni progressivamente intensi.
Il governo Trump quindi, da questo punto di vista, non sembra rappresentativo del popolo americano e non incarna i valori e ideali che da sempre caratterizzano l’America come paese aperto verso altri popoli ed etnie. Il “muslim ban” come provvedimento sostenuto da Trump incarna ed esprime le effettive intenzioni e la reale natura di questo nuovo e temuto presidente. Fortunatamente tale provvedimento è stato respinto,  tuttavia gli scenari di sviluppo sulla questione sono tuttora in fase di svolgimento e accertamento. Sebbene il provvedimento non possa venire attuato, la sola dichiarazione di Trump a sostenere e favorire tale linea politica potrebbe avere delle gravi ripercussioni verso i Paesi arabi coinvolti, portando all’inasprimento dei rapporti.
Logica irrazionale
Attaccando e coinvolgendo in questa decisione paesi come ad esempio l’Iran, l’America sta minacciando un paese musulmano che negli ultimi tempi aveva affermato a livello internazionale la sua stabilità. Trump, dichiarandone il suo presunto coinvolgimento con il terrorismo islamico, non fa altro che aggravare la situazione che di per sé sembra già ulteriormente instabile.
Potremmo elencare inoltre molte altre ragioni per cui il presidente Trump sbaglia a chiudere le frontiere verso tali paesi. La prima ragione riguarda la crudeltà e la sostanziale ingiustizia che questo provvedimento rappresenta. Ingiustizia verso coloro che, a causa della loro origine, gli viene negata la possibilità di entrare e risiedere sul territorio americano pur in possesso di un visto valido. L’irrazionalità che lo identifica, non giustificando l’esclusione nella lista di altri paesi musulmani che, pur essendo instabili, non sono stati inseriti, come per esempio Egitto e Arabia Saudita. La disumanità che rivolge ai rifugiati, contro coloro che sono state vittime del terrorismo perché appartenenti alla classe  media. Essi, fuggendo in un altro paese cercano di aspirare ad una vita migliore, in assenza di persecuzioni e minacce.
I limiti di tale decreto e l’ottusità del Presidente di spingere verso la sua attuazione e di diffondere l’idea secondo la quale la maggioranza dei musulmani sono antagonisti, lo rendono un promotore e seguace delle ideologie jihadiste che remano, paradossalmente, contro l’Occidente. Seguire questa logica irrazionale porta ad una cecità volontaria che impedisce un’analisi completa ed efficace della situazione internazionale, ostacolando l’individuazione di misure di intervento e risoluzione meno rigide e radicali.
La decisione inoltre di abbandonare la Siria alla supremazia di Assad porta a giustificare atrocità e crimini di guerra inauditi. Il mancato sostegno da parte dell’America esprime, nuovamente, il totale disinteresse verso il destino del mondo dal punto di vista dei diritti inviolabili dell’uomo.
Queste prime settimane di presidenza sono state quindi molto tese ed intese. Le problematiche e criticità che possono emergere da tali posizioni potrebbero influenzare i rapporti tra i paesi, destabilizzandone di conseguenza l’assetto mondiale. Parliamo quindi della tendenza dell’America all’isolamento, all’esigenza di un’eccessiva “chiusura” verso altri paesi ed al carattere fortemente ideologico e ostile di tale politica che porta ad escludere come principali interventi le questioni sociali ed umanitarie.