Indigeni in Brasile: un grido di aiuto

La rete sociale brasiliana è stata travolta da una campagna virale nel 2012: persone di differenti età e background hanno cominciato ad usare “Guarani Kaiowá” dopo il proprio nome e a sostenere l’hashtag #Somostodosguaranikaiowá (Tutti siamo Guarani Kaiowá). Il movimento virtuale, emerso dalla dichiarazione di un gruppo di indigeni che chiedeva il decreto della propria estinzione, ha richiamato l’attenzione su un lungo e violento processo nel mondo reale: l’ondata di suicidi e il genocidio subiti dagli indigeni di questo gruppo etnico, principalmente a causa di conflitti per la riconsegna delle loro terre.
Nonostante le discussioni pubbliche, la situazione non è migliorata da allora; i tassi di mortalità tra gli indigeni continuano ad aumentare e il governo brasiliano rimane reticente di fronte alla restituzione delle terre indigene, garantita dalla Costituzione Brasiliana del 1988. Inoltre, nuovi emendamenti costituzionali proposti dal governo attuale potrebbero autorizzare attività economiche in quelle terre o ridurre ulteriormente la superficie di proprietà indigena – dal 13% al 2,6% del territorio nazionale. Attualmente, i Guarani Kaiowá occupano meno di 0,2% dello stato del Mato Grosso do Sul, nell’Ovest del Brasile.
Nel tentativo di trovare supporto internazionale per questa questione spinosa, diverse organizzazioni sociali brasiliane si sono riunite per organizzare una visita del cacique Ladio Verón, leader Guarani Kaiowá della comunità Takuara, in Dourados in sette Paesi europei. L’Agenzia di Stampa Giovanile era presente l’ 8 marzo a Roma durante uno di questi incontri. Di fronte ad un pubblico molto colpito, Verón ha parlato della mancata consegna delle terre considerate già legalmente della sua tribù, della violenza inflitta a coloro che le rivendicano, del rischio subito da lui e dagli altri leader che denunciano questi abusi e della necessità di contare sulla mobilitazione internazionale per vedere rispettata la legge.
Così come i 30.000 Guarani Kaiowá brasiliani, migliaia di altre tribù affrontano le stesse minacce. E per rafforzare la loro resistenza cercano di creare una solida rete di informazione e di formazione per i giovani leader -uno dei segmenti di popolazione indigena più minacciata dalla violenza, come spiega Verón:
“Ogni due settimane, due o tre giovani si suicidano nel Mato Grosso do Sul. Di recente, siamo riusciti a salvare uno di loro e abbiamo chiesto perché voleva suicidarsi. Ha detto: ’Ho paura. Paura perché arriva la polizia a spararci. Ho visto mia madre, di 84 anni, essere colpita con proiettili di gomma. Inoltre, non ho nulla da offrire a mio figlio. Se rimango accampato qui, non otterrò nulla. Quindi preferirei morire, perché non ho nulla da offrire.’ Era un ragazzo di 22 anni. C’è anche da aggiungere che molti dei giovani che troviamo morti per strada in realtà non si sono suicidati: sono stati uccisi. Abbiamo trovato mio nipote Virgilio appeso ad una corda. Poi è arrivata la polizia e ha detto che si era suicidato perché era ubriaco, anche dopo aver visto che era stato trascinato e appeso lì.
Al giorno d’oggi, a Dourados, gli indigeni non trovano lavoro da nessuna parte. Poco tempo fa, in un tentativo di ripresa delle nostre terre, è morto un agente sanitario, un bambino e un’anziana donna. La polizia ha registrato soltanto l’obito dell’agente sanitario. Per il bambino e l’anziana donna che erano entrambi indigeni non lo ha fatto. Così fanno i latifondisti: uccidono i nostri giovani, li appendono alle recinzioni e ai pali, e dicono che hanno commesso suicidio. Poi ci sono quelli che veramente si suicidano perché non hanno niente da offrire ai propri figli. Mio fratello Valmir, ad esempio, ha subito parecchi attacchi in strada. Era pieno di lividi. Non ce la faceva più e si è suicidato. Io personalmente ho già perso quattro fratelli, un nipote, uno zio e mio padre [nel 2003, il padre di Ládio Verón, Marcos Verón, cacique della comunità, è stato ucciso davanti alla sua famiglia].
Il governo ci dovrebbe aver consegnato queste terre da molto tempo poiché ci appartengono. La terra Takuara che comprende 1700 ettari è stata dichiarata indigena. La dichiarazione è arrivata il 13 gennaio 2005 e già nel 2012 è stata approvata. Siamo andati a Brasilia a parlare con Joaquim Barbosa, il Presidente della Corte Suprema del tempo e abbiamo trovato il documento dell’approvazione delle terre Takuara che era già stato fatto nel governo di Fernando Henrique [1995-2003]. Quindi, perché il governo non ce le consegna?
Stiamo formando le nuove generazioni di guerrieri per combattere. Organizzeremo un incontro durante il mese di agosto, anche con la presenza dei nostri anziani, per continuare a formare i nostri giovani. Abbiamo bisogno di loro, perché a breve noi non ci saremo più. Non so cosa mi aspetta quando tornerò in Brasile.”*
* Ladio Verón Cavalheiro, di nome indigeno Ava Taperendi, 50, cacique della comunità Takuara e leader dell’Assemblea Generale dei Guarani Kaiowá. Insegnante di storia, si è laureato presso l’Università Federale di Grande Dourados. Ha insegnato nelle scuole delle comunità Guarani Kaiowá. Negli ultimi mesi, vive in clandestinità a causa di minacce di morte.