Inchiesta: Partitocrazia e Social Network

4 Marzo 2018, segnatevi questa data, perché verrà ricordata come l’inizio di un nuovo modo di vivere la politica, perlomeno in Italia.

I partiti politici di massa hanno avuto il merito di aver rivoluzionato il modo di vivere la politica in nel ‘900, ma a vent’anni dall’inizio di questo nuovo millennio sembrano essere diventati degli strumenti inefficaci e, nonostante provino ad ammiccare a nuovi metodi comunicativi e politici, ottengono dei risultati perlopiù deludenti, un po’ come se un ultranovantenne cercasse di diventare il consulente informatico di una StartUp, probabilmente darà il meglio di sè, ma i risultati saranno generalmente deludenti e maldestri.

Questa evoluzione della politica diventa evidente e raggiunge l’apoteosi nella campagna elettorale dei partiti attraverso quello che è  il mezzo principe della propaganda politica odierna, il famigerato FACEBOOK.

Come se la saranno cavata agli occhi di noi giovani questi dinosauri della comunicazione politica?

PARTITO DEMOCRATICO

Probabilmente la formazione politica che arriva alle elezioni con le ossa più scricchiolanti.

La campagna elettorale del PD si sviluppa nei contenuti in piena continuità con l’esperienza di Governo dell’attuale segretario del partito, Matteo Renzi, e del suo successore Paolo Gentiloni. Nessuna variazione sul tema e nessuna trovata elettorale di stampo berlusconiano, in pieno stile Democristiano, vedi la candidatura al Senato nel collegio uninominale di Bologna di Pierferdinando Casini (quasi a ricordare ai propri detrattori che ormai di Sinistra il PD ha solo i seggi in parlamento).

Ciò che risulta interessante, e salta subito all’occhio sulle pagine del Partito Democratico nel re dei Social Network non sono i contenuti (siano essi “ingessati” e poco avvezzi alla diffusione online o anche goffamente moderni e quindi facili prede dei memers di tutta italia, vedi: https://www.youtube.com/watch?v=u_zrl1r4oPE) ma la relazione, o meglio la non-relazione, tra quest’ultimi e i commenti. Dimenticate la sostanza del dibattito politico, le sezioni commenti sono strabordanti di frasi appartenenti alla peggiore tipologia di internauta: il temibile “Cittadino Indignato” (la stragrande maggioranza dei commentatori, i sostenitori sono in netta minoranza). A loro non importa nulla del programma, delle proposte o dei principi stessi del dibattito politico: sono la rappresentazione perfetta dell’incomunicabilità propria del dibattito politico nell’era della post-verità. La partita non si gioca più sui contenuti, ma sul sentimento più primordiale della natura umana: la rabbia. In questo particolare ecosistema l’attività comunicativa del PD non ha nessuna chance, sembra quasi di assistere ad un linciaggio interattivo.

A questo punto viene naturale chiedersi il perché di tutto questo astio politico. A mio avviso va ricercato nelle scelte comunicative del PD degli ultimi 5 anni, esempio eclatante: quello che passerà alla storia come l’Harakiri politico di Renzi, la fallimentare campagna referendaria del 2016.

In conclusione, la situazione su Facebook del Partito Democratico si può efficacemente descrivere in questi termini: un comizio, una piazza gremita di gente, ma nessuno (o quasi) è lì per ascoltare, la gente urla e sbraita, in poche parole nessuno è lì per la politica. LIBERI E UGUALI

Una lista strapiena di politici navigati che si presenta come nuova: il volto della campagna elettorale è Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia e presidente del Senato. Allontanatosi dal PD giusto in tempo per formare una lista che comprende Possibile (Pippo Civati), Articolo 1-MDP (Bersani, Speranza), Sinistra Italiana (Fratoianni) ed ex-PD (Grasso medesimo, Boldrini, e l’immortale D’Alema), il leader di LeU si distingue perché si esprime con i social media come se si stesse rivolgendo ad amici di vecchia data che non vede da un po’. Dalla sua pagina Facebook risponde cortesemente a chi scrive dei commenti, chiamando i commentatori per nome. E se qualcuno gli rimprovera l’evidente sprovvedutezza televisiva, altri apprezzano il suo modo pacato di rispondere sui social e in TV, assurgendo il fatto che “È un politico che non ha studiato comunicazione” come nuova frontiera dell’onestà intellettuale.

D’altro canto, gli haters non desistono: sulla pagina ufficiale di Liberi e Uguali, c’è chi insulta i membri della lista perché sono solo zecche comuniste, perché non si preoccupano abbastanza di noi poveri italiani, chi li redarguisce per l’incapacità comunicativa, chi perché non si sono distinto prima dal PD e c’è anche chi si dichiarerebbe pur disposto a votarlo se non fosse per la Boldrini. Nel gruppo ufficiale, alcuni di questi vengono prontamente segnalati ed espulsi al grido di: “Aiuto un troll”. In ogni caso, sia gli haters che i followers di LeU si distinguono per la loro eterogeneità: da quelli che si chiamano vicendevolmente compagni, a chi ha la foto profilo con Papa Francesco incorniciato da un cuore, da chi dialoga e chi invece fa dell’insulto la propria bandiera.

POTERE AL POPOLO!

Neo partito formato a qualche mese dalle elezioni da tanti movimenti extraparlamentari. La candidata è Viola Carofalo, una ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali all’Università Orientale di Napoli, che parla dal suo profilo Facebook come fosse una qualunque studentessa sostenitrice di Potere al Popolo. Frequenti sono i post rivolti agli amici a seguire le varie trasmissioni televisive di cui è stata ospite, in cui si confronta su programmi e ideologie con giornalisti ed esponenti di altri partiti. Nei video delle trasmissioni TV condivisi su Facebook, la portavoce di PaP! (così si definisce nel video di presentazione, “Chi è il capo politico?”) tenta di scrollarsi di dosso l’immagine di giovane comunista esaltata e vestita male rispondendo con cognizione di causa ai suoi interlocutori che spesso rimangono sorpresi. I suoi followers, anzi i suoi compagni, sono generalmente affettuosi ed esternano il loro appoggio in modo accorato e un tantino vintage: emoticon con i pugni alzati, strofe e condivisioni di “Fischia il vento” e la parola “compagno/a” tra i commenti più presenti, ma non mancano insulti ai fascisti, a Renzi e agli haters.
L’impressione riguardo la pagina ufficiale di Potere al Popolo! – guai a dimenticare il punto esclamativo, ti fa sembrare un democristiano – è di un gruppo di ragazzi dei centri sociali che cercano di scrollarsi di dosso l’appellativo “zecche rosse” con dubbi risultati. I militanti di Pap! Cercano spesso di risultare seri e credibili, ma spesso si lasciano andare a simpatici meme, chiamando tutto il gruppo a raccolta per raggiungere un fiero 3%.

FORZA ITALIA

Pagine a confronto:

Forza Italia: 185.640 persone

Silvio Berlusconi: 1.052.890 persone

Il volto di Silvio Berlusconi sorride agli italiani, felice, sereno, bonario. “Votare è facile” ricorda la voce mai dimenticata del Cavaliere “basta barrare il simbolo di Forza Italia”. Così si apre la pagina ufficiale del partito leader della coalizione di centrodestra. Nel mare di tricolori e volti rassicuranti dell’ex premier i cavalli di battaglia della campagna elettorale vengono difesi a spada tratta e divulgati per mezzo di piccoli, pittoreschi ed incredibilmente sintetici video. Il grande progetto delle flat-tax, l’idolo d’oro, è spiegato attraverso la riproposizione di semplici e chiare parole chiave: meno tasse, onestà, più denaro. Potrebbe essere davvero soddisfacente per un amante di cruciverba notare le mirabolanti e numerosissime combinazioni che ne possono venir fuori: “tasse oneste”, “denaro onesto”, “più denaro onesto”, “meno onesti”, e avanti così, fino ad arrivare ai superlativi (al che si fa pericolosamente grottesco). L’importante è che le cose siano semplici (e carine), lo dimostra “l’Albero delle Libertà”, che il buon Silvio tiene in braccio come un bimbo in fasce, summa di tutti i valori del forza italiota.

La pagina di partito tiene molto al suo nonno-leader, sono ottantadue suonati quest’anno, e numerose sono le rubriche incentrate su di esso. Tra le più popolari “Silvio Berlusconi dalla A alla Z”, la quale esordisce con un genuino A come Amore.

Un curioso rito neopagano pare prendere forma tra i commenti dei seguaci. Il dio Silvio è bonario, veglia sopra tutti, c’era prima, c’è adesso, con in tasca i balocchi, proprio i balocchi, gli stessi del 2008, quei pezzi di carbone di zucchero che mentre li sgranocchi fremi di piacere, ma che poi la settimana dopo lasceranno solchi di carie e stridore di denti. Ora a quello non si pensa, sulle note di “Che sarà, sarà” si vedono solo i balocchi sbucare dal bel paltò, il “Berlusconi Presidente” campeggia sotto la bandiera di Forza Italia e sembra che tutto, finalmente, incredibilmente, stia per fare un balzo indietro a dieci anni fa. Brividi di gioia e di rassicurante familiarità.

Se si vuole arrivare al cuore pulsante del potere Social si deve andare direttamente lì: la sua pagina ufficiale, personaggio politico, Silvio Berlusconi. Come resistergli? Fiero, corretto, elegante, sorridente, immortale. Il lessico calcistico chiarisce la piccola bega burocratica dell’incandidabilità: lui farà da allenatore! Sarà lì, a urlare dalle panchine dirigendo la squadra del cuore, l’unica in grado di governare il paese: il centrodestra. Che poi come si fa? Questo è il suo mondo, il mondo da lui creato. Esce dai talk-show senza il minimo fiatone, ha fatto la gavetta tra quei banchi. Che poi è così bello e facile! Tende la mano a noi piccoli pargoli e ci illustra ogni cosa. Ed ecco che si compie il miracolo: la generazione di dimenticati, quella che sembra grigia, che non sa usare tanto bene face book, con le immagini del profilo un po’ storte, l’abbronzature sbavata e in basso a sinistra la data in giallo, gli si fa attorno di nuovo bambina, felice. Hanno guadagnato dieci anni, al grido di “Restauracion!”, di “Viva l’Ancien Regime” e di “C’ho ancora quarant’anni daje!”

FRATELLI D’ITALIA

Pagine a confronto:

Fratelli d’Italia :804.835 persone

Giorgia Meloni:165.692 persone

Facciamo un tuffo sensoriale nell’aria virtuale che si respira non appena un user approda nel nazionalistissimo mondo di Fratelli d’Italia e della Sorellona d’Italia.

La pagina del partito si presenta così, con un’imponente e molesto video-copertina (ottima trovata farlo diventare il nuovo banner sonoro) che inneggia ai patrioti, come un’antica ode romana con la voce narrante della sorellona nazionale, che esordisce con un’anafora che definire asfissiante sembrerebbe un eufemismo, per sguazzare nelle figure retoriche. “I patrioti sono -figura sociale x che vive la sua vita come uno stato liberal-democratico moderno dovrebbe permettere di fare- e I patrioti sono questo, quello, e quell’altro, e chi vota FdI è un patriota”, è il breve succo. Insomma, la storia del nazionalismo la toccano piano. Soprattutto per quanto riguarda la questione della “Sicurezza”, che sta molto a cuore a chi vuole che nel territorio ci siano molte  forze dell’ordine e pochi barbari. *ehm, scusate, i non italiani.

La pagina purtroppo delude le aspettative del trionfante video in cima, i suoi unici e poco seguiti contenuti si limitano ad articoli su cosa fa la Meloni e un pochi altri esempi per pizzicare Renzi come propaganda negativa (quella che un soggetto che cerca di attirare seguito sguinzaglia quando decide di puntare sul criticare l’altro invece che promuovere positivamente se stesso, ndr).

Ma passiamo alle cose calde. Passiamo alla pagina del personaggio pubblico che ’ce mette la faccia, la nostra biondina leader di destra.

Entrambe le pagine sono bombardate di articoli e foto che testimoniano la nostra paladina del patriottismo interfacciarsi con la politica internazionale incontrando Mr.Oberdan, Primo Ministro dell’Ungheria di un centro destra così delicatino da di essere sul punto di mettere in discussione la forma di democrazia liberale occidentale, dichiarando la volontà di “liberarsi dai dogmi e dall’ideologia occidentale europea”. E ci siamo capiti. 
Uno strumento della campagna è l’infografica. Per la rubrica “populismo e disinformazione”, I social managerz della Meloni hanno suggerito un pacato “no all’ideologia gender” alimentando la nebbia attorno a questa fantomatica dottrina, che per inteso, non esiste.

Gli altri highlights che vale la pena menzionare sono due:

La prima si trova nella galleria ed è un pugno gore-becero dritto allo stomaco e all’indignazione degli italiani: le foto del poliziotto ferito dalle bombe coi chiodi lanciate dagli antifascisti. A fagiuolo per inimicare gli elettori contro chi si proclama antifascista e fa terrorismo, facendo della propria bandiera una posizione che invece dovrebbe appartenere ad ogni italiano, la quale viene invece  strumentalizzata in quanto pornografia del dolore.

L’ultima chicca che vi regalo è una foto che è stata degna di numerosissimi meme, la Meloni che col suo faccione alla sole dei teletubbies ride di gusto in primo piano, guardando “gli scemi dei centri sociali che anche oggi ci onorano della loro presenza”. 
Non avrei mai pensato ad una candidata premier donna, di destra conservatrice come lei (vi ricordo che è anche portavoce di cattolicesimo e idee anti abortiste e pro famiglia tradizionale, testimonial fantastica insieme a Silvio). Ma ognuno ha quello che si merita, no?

LEGA NORD

Matteo Salvini, candidato alle politiche per il partito della Lega, non più Lega Nord per cause chiaramente evidenti, scriveva su facebook il primo di agosto del 2013, a proposito del governo asse Renzi Berlusconi: “Adesso sono curioso di sentire come faranno i Kompagni del PD, […], a giustificare il fatto che sono al governo con un Condannato…”. Lo slogan delle sua campagna elettorale in vista del 4 marzo #PRIMAGLIITALIANI potrebbe quindi essere cambiato con un bel “predicare bene e razzolare male”. Con il tempo si può dire che ci si evolve, appunto. Queste parole racchiudono anche l’andamento generale della “pubblicità” del candidato premier e del suo partito sul social network, ricca di promesse che difficilmente possono essere mantenute e che dimostrano l’assenza di un interesse nel mostrare al pubblico le proprie intenzioni programmatiche, poste in secondo piano rispetto al fomentare l’odio verso la sinistra, grazie alla manforte dei sostenitori più arditi che si sbizzarriscono in forme di espressione che lasciano molto a desiderare, dimostrando una certa bassezza sia culturale che strettamente grammaticale. La metodologia applicata per ottenere una presa a mastice sul pubblico è quella di mostrare tanti contenuti visivi, a partire da collage in cui il volto del candidato sorridente invita al prossimo comizio oppure sempre lui con sfondo una ruspa, fino ad arrivare a video che spaziano dal Salvini tra la folla fino ai migranti che manifestano per vedere le partite su Sky.

Ciò che si intravede è quindi una pochezza sostanziale, e una forte presa di posizione contro i vecchi governi e verso i temi di cui tutti ormai siamo coscienti siano lo status quo del partito leghista.

Ma Salvini, tornando alle evoluzioni, è di un passo in avanti rispetto a tutti gli altri: ha lanciato una campagna su facebook in cui invita i suoi seguaci (il fatto che un politico abbia dei seguaci incute sempre del timore) a mettere in numero più alto possibile di pollici in su sotto ai suoi post; chi raggiungerà il numero maggiore potrà incontrare il leader

per una chiacchierata o in alternativa per una chiamata telefonica.

Insomma, possiamo concludere che al di

là della poca sostanza, su facebook Lega, Salvini e gruppi di sostenitori nascondono una creatività a dir poco futuristica. Solo che all’orizzonte si intravedono solo tempi bui.

CASAPOUND E FORZA NUOVA

A questo punto è dunque d’uopo incorporare in questa rassegna dell’utilizzo da parte delle forze politiche del potentissimo strumento dei social network anche i due principali partiti di estrema destra, alla ricerca di racimolare gli ultimi voti per giungere all’agognata (e probabilmente irrealistica) soglia del 3% per muovere i loro primi passi in Parlamento, imbellettati nelle loro camicie nere appena stirate dalle mogli (che stanno a casa e fanno figli, come vuole la gloriosa tradizione italiana).

Nella galassia più tradizionalista e patriottica della politica italiana risaltano due partiti principali: CasaPound e Forza Nuova, capeggiati rispettivamente da Simone di Stefano e Roberto Fiore. In una campagna scossa dagli innumerevoli scontri di piazza tra manifestanti antifascisti e polizia, essi non potevano ovviamente non indirizzare la rabbia del loro elettorato contro le cosiddette “zecche comuniste”, per le quali richiedono l’immediata chiusura dei centri sociali, non ricordando che, se la beneamata Costituzione fosse applicata alla lettera, entrambi i loro partiti dovrebbero essere immediatamente sciolti, con grande tristezza di chi si diverte nel vedere i loro dibattimenti da anguille fuor d’acqua nell’affermare di voler riportare in auge i valori fondanti della Costituzione stessa (che se non ricordo male erano antifascisti, ma pare che questo non sia importante).

L’attività delle pagine Facebook dei partiti è capillare su tutto il territorio, per cui devono esserci necessariamente innumerevoli attivisti che mettono tutto il loro impegno (e la scarsa abilità nel discernere il vero dal falso) nella pubblicazione di fake news sul parentado delle forze politiche maggiori, oppure nella distribuzione di verità parziali sull’attività e le prospettive dei due partiti, mostrando comunque più spesso i lati negativi (veri o presunti) dei loro avversari, piuttosto che le caratteristiche del loro (discutibile) programma.

Vediamo infine come si comporta la gente comune, legata per ideologia o nostalgia al nero imperante dei simboli di questi due partiti. Superata la barriera, ben poco selettiva e per certi versi ridicola, dei questionari per accedere a gruppi di Facebook dichiaratamente neofascisti, si viene investiti da un coacervo di dichiarazioni di fedeltà all’ideologia e al defunto ma ancora amatissimo Dvce; insulti, che vanno dal sessista al grottesco, al bersaglio preferito di tutto lo spettro politico della destra, cioè la Presidente della Camera Laura Boldrini; strepiti nei confronti delle solite “zecche” che spaventano questi gentiluomini più di Lucifero in persona. Insomma ci troviamo davanti ad una marmaglia di persone, le quali, forse a causa della poca maneggevolezza con la lingua dei loro padri, spesso non hanno la più pallida idea della gravità delle loro affermazioni, e che, protetti da uno schermo e dalle normative sulla privacy, propugnano un’ideologia che le nostre istituzioni politiche dichiarano morta, o non pericolosa, ma che cova la sua forza razzista, xenofoba e reazionaria, nel cuore più disperato della cittadinanza votante e attiva degli italiani.

MOVIMENTO 5 STELLE

Il partito dell’onestà. Il partito dei rimborsi falsi. Il partito che i militanti si negano di chiamare tale: è il MoVimento, recante la V della famosa graphic novel e in seguito film di successo, V for Vendetta, il cui celebre autore, Alan Moore, probabilmente si infilerebbe un coltello dritto nella giugulare solo per potersi rivoltare nella tomba. Sono passati diversi anni dai cosiddetti VaffaDay, che sancirono la nascita di questa nuova modalità di fare politica e tra accuse, complottismi, fake news e il più becero sfruttamento delle nuove tecnologie i 5 stelle, esponenti e militanti, si apprestano a diventare il primo partito italiano, anche grazie a Facebook.

Sulle pagine Facebook del Movimento 5 Stelle (circa 1.188.000 likes) e del suo candidato, Luigi Di Maio (circa 1.273.000 likes), c’è poco da dire: mentre la seconda posta gli eventi e gli incontri che coinvolgono direttamente Di Maio durante la sua campagna elettorale (ogni tanto rilanciando immagini dalla pagina stessa del Movimento), la prima si diletta nel pubblicare soprattutto foto e video dei suoi “eroi” storici, tra cui il neo-padre Alessandro Di Battista, il sindaco di Roma Virginia Raggi e, ovviamente, il candidato premier. Gli aspetti che appaiono di maggiore interesse sono: la condivisione da parte di queste pagine di articoli provenienti solamente dal “BLOG5STELLE.IT”, la moderazione nei toni e nelle rivendicazioni rispetto a soli due anni fa e la politica dell’accusa, la quale vorrebbe fare intendere che bisognerebbe votare 5 stelle non per le capacità del partito ma per la scadenza degli antagonisti.

Il punto più interessante per quanto riguarda la comunicazione 5 Stelle su Facebook è sicuramente il “CLUB LUIGI DI MAIO”, un gruppo fondato e popolato da convinti militanti (sotto i miei occhi da ormai oltre un anno) in cui il cosiddetto “analfabetismo funzionale” crea un fil rouge tra idioti di qualunque retroterra politico: da chi grida “gli immigrati a casa loro!” a chi appoggia la flat tax, passando per acerrimi combattenti dell’obbligo vaccinale, inondazioni di notizie false e, dando una rapida occhiata ai commenti, innumerevoli ingiurie, insulti e minacce di morte ai protagonisti di questi “meme della disinformazione”, ovvero gli esponenti di tutti gli altri partiti maggiori. Il dialogo, quindi, non sembra possibile proprio grazie ai militanti alla base di questo gruppo che, alla nascita, si considerava il più democratico. FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Chiudiamo questa breve rassegna delle deludenti prestazioni dei maggiori partiti su Facebook invitando le persone ad informarsi responsabilmente non seguendo solo le notizie del primo sitoqualsiasi.altervista di turno, speriamo quindi che al prossimo giro la nostra beneamata partitocrazia impari come si utilizzi un Social Network, così che magari il partito degli astenuti non sia ancora il primo.

Ci teniamo infine a ricordate che come recita l’art.48 della nostra Costituzione, votare è un diritto e un dovere civico di ogni cittadino, quindi ANDATE A VOTARE!