Aspettative e richieste per gli incontri sul clima egiziani
Iniziata ieri 6 novembre a Sharm El-Sheikh la Conferenza delle Parti (COP) che ospiterà i e le rappresentanti di quasi tutte le nazioni globali, impegnati per raggiungere un accordo sulle politiche relative al cambiamento climatico; quali sono le speranze e gli obiettivi della società civile per la COP27?
Di Federica Dossi
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La COP27 è iniziata ufficialmente ieri, 6 novembre, nella città costiera egiziana di Sharm El-Sheikh e proseguirà fino al 18 novembre. L’annuale incontro vede i leader mondiali, i delegati e gli attivisti dei gruppi per il clima incontrarsi per ridurre le emissioni di gas serra a livello globale in modo equo e rispettare gli impegni previsti dagli Accordi di Parigi: limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C, preferibilmente a 1.5°C, rispetto ai livelli preindustriali.
Questa COP è stata nominata “la COP dell’implementazione”: le aspettative della società civile sono molto alte, d’altronde in un mondo che ha raggiunto già +1.1°C di riscaldamento non c’è più tempo da perdere. Leggendo il bollettino ECO, curato da un importante gruppo di ONG ambientali facenti parte del Climate Action Network, queste aspettative sono molto chiare e fermamente basate sulle evidenze scientifiche dell’IPCC: l’accordo di Parigi deve essere pienamente implementato e non può esserci nessuno spazio per la promozione dei combustibili fossili.
Queste aspettative sono deluse fin da subito, infatti, nonostante il fatto che le rinnovabili siano già la fonte di energia più economica, i ministri del paese ospitante mantengono nei loro discorsi una discreta apertura al gas naturale, visto come “ponte” verso un futuro totalmente green.
La COP27 è anche la COP “Africana”, e questo non può che tradursi nella rinnovata richiesta ai Paesi Sviluppati, principali colpevoli della crisi climatica, di mantenere le promesse fatte in passato e di stabilire dei chiari meccanismi di finanziamento per il risarcimento di perdite e danni (Loss&Damage) che sono ingiustamente subiti dai Paesi in via di sviluppo. Infine, i gruppi ambientalisti non mancano di sottolineare che la giustizia climatica non può prescindere dal rispetto dei diritti umani, tema di cui purtroppo si sentirà parlare molto poco, vista la presidenza egiziana di questa COP.
Nonostante la finestra di opportunità si stia chiudendo velocemente, la scienza è chiara e ci chiede di non disperare: con le giuste politiche possiamo ancora rispettare il limite di 1.5 C previsto dagli Accordi di Parigi. Gli occhi del mondo rimangono puntati su Sharm El-Sheikh.